venerdì 15 settembre 2017

IL FUMETTO È NARRAZIONE


La parola “capolavoro” è spesso usata a sproposito nel mondo del fumetto. Una pecetta usata per promozionare e vendere qualsiasi cosa capiti in mano all’editore di turno. In genere, l’altisonante aggettivo va spegnendosi col tempo, assieme all’opera che andava a incoronare. In taluni casi, però, sopravvive ai decenni, riportato su riviste e libri di saggistica, incollato su lavori che magari vantano anche aspetti pregevolissimi ma non sono, perlomeno all’interno del medium fumetto, dei capolavori.
È il caso del Principe Valiant di Harold Foster, praticamente quasi da tutti considerato uno dei massimi esempi di fumetto, al contrario perfetto esempio di come NON si deve realizzare un fumetto.
Intendiamoci, i disegni di Valiant sono splendidi e il sottoscritto resta incantato per delle ore a osservare le singole vignette, ad apprezzare quei meravigliosi castelli che svettano verso il cielo, a esaminare dettagliatissime scene di battaglia con centinaia di uomini che si scontrano, a perdersi in paesaggi tanto vasti quanto suggestivi. Ma questo non è fumetto, è illustrazione. Non a caso, quando comincio a leggere Valiant, dopo poche tavole vengo rapito da Morfeo, cado in un sonno chimico (come lo avrebbe definito Enzo Jannacci) frutto delle lentezza narrativa e di testi posti ai piedi delle vignette, e non entro balloon come avviene comunemente nei fumetti, altra spia d’allarme per distinguere i comics da altro.
Tutto ciò non è frutto del caso, Foster cominciò a lavorare Valiant nel 1936, dopo aver disegnato Tarzan (di cui è stato il primo disegnatore), ma prima ancora era stato un illustratore e la sua matrice artistica rimase quella. Quando lasciò Tarzan per dedicarsi a Valiant lo dimostrò in modo inequivocabile, puntando fortemente sulle immagini. I testi alla base delle vignette, che erano cominciati con Tartan, rimasero. Al contrario di Burne Hogarth, altro illustratore che lo sostituì su Tarzan, non riuscì mai a liberarsi di questa “doppia catena”: immagini iperdettagliate e testi “slegati” dalle immagini.
Tra l’altro, il problema pare essere diventato “genetico”, irrimediabilmente fuso col personaggio. Nelle recenti nuove storie di Valiant realizzate dal duo Mark Schultz (testi) e Gary Gianni (disegni), infatti, la solfa non è cambiata: stupende immagini iperdettagliate e soporiferi testi posti alla base o in qualche angolo delle vignette. A parte la questione della sintesi del segno, che può essere una scelta o meno, un fumetto deve essere narrazione, movimento, flusso di pensieri e azioni. Se diventa uno sfoggio di bravura grafica non è più fumetto. Quindi, continuate a comprare le storie di Valiant, antiche e moderne, sognate a occhi aperti davanti ai suoi disegni, ma domandatevi se si tratta di buoni fumetti o di ottime illustrazioni.

2 commenti:

MikiMoz ha detto...

Quindi pensi lo stesso del Berserk più attuale? XD

Moz-

DAVIDE CASTELLAZZI ha detto...

Caro Moz, ho smesso di leggere Berserk da tempo. Nella mia testa si è concluso molti volumi fa. Bye.