In grado di affrontare col medesimo impegno, e gli stessi ottimi risultati, il fumetto d’autore come quello popolare, probabilmente Ferdinando Tacconi non ha mai fatto distinzione tra i due. La passione per il disegno, infatti, scorre in ogni suo lavoro, ma raggiunge il massimo risultato nelle storie che si fondono con un altro amore, quello per il volo. Per questo motivo molti suoi fumetti sono affollati di aerei, riprodotti con la precisione di un ingegnerie e l’entusiasmo di un ragazzino. Altrettanto abile con il bianco e nero che con il colore, durante gli anni Settanta sembra quasi sviluppare una doppia anima. Il tratto delle sue tavole, infatti, media felicemente tra realismo e necessità di sintesi, mentre nelle immagini a colori, spesso per copertine, punta su uno stile pittorico e tridimensionale. Col tempo è la prima opzione a prevalere, portandolo all’utilizzo di un tratto spesso e pennellate decise, a soluzioni grafiche che lambiscono la stilizzazione, mentre i personaggi divengono facilmente riconoscibili grazie a occhi sottili e i nasi appuntiti. Il tutto, però, senza impoverire vignette e tavole, al contrario puntando su un’eleganza formale grazie alla quale ogni singola linea vanta un preciso scopo e diventa elemento di una perfetta composizione. Da sottolineare anche la sua maestria nel disegnare figure femminili, sviluppata all’interno del filone erotico e mantenuta nelle altre produzioni. Ragazze sensuali ma mai volgari, dalle labbra marcate e dalle capigliature che prendono forma grazie a decine di linee sottili. Insomma, non solo un “cesellatore di aerei”, come è stato definito da Sergio Bonelli, ma anche un attento osservatore, e abili disegnatore, della figura umana.
Ferdinando Tacconi nasce a Milano il 27 dicembre 1922 e sin da bambino mostra una propensione al disegno. Dopo il secondo conflitto mondiale, si presenta alla casa editrice Mondadori per mostrare alcuni suoi acquerelli e ottiene del lavoro come illustratore, realizzando delicati ritratti femminili per le riviste Grazia e Confidenze.
Debutta nei fumetti alla fine degli anni Quaranta disegnando storie per Morgan il pirata, Miss Diavolo e altre serie popolari, come Sciuscià e Nat del Santa Cruz. Fra il 1958 e il 1969 realizza numerose storie di guerra per l’agenzia inglese Fleetway, dando così sfogo al proprio interesse per gli eventi bellici. Negli anni Sessanta firma anche moltissime illustrazioni e fumetti per il settimanale Look and Learn (sempre della Fleetway), dalle ambizioni didattiche e divulgative.
All’inizio degli anni Settanta torna a lavorare a pieno ritmo per l’Italia. Oltre a realizzare illustrazioni per libri scolastici, comincia a collaborare con la Edifumetto di Renzo Barbieri, specializzata in tascabili erotici.
Dal 1972 disegna varie serie del Corriere dei ragazzi, curando, tra l’altro, la creazione grafica degli Aristocratici (1973), scritta da Alfredo Castelli e incentrata su una banda di ladri gentiluomini.
Dopo aver lavorato in Francia ad alcuni episodi della Histoire de France e della Histoire du Far West per Larousse, realizza due volumi della collana Un uomo un’avventura, edita da Sergio Bonelli: L’uomo del deserto e L’uomo di Rangoon.
Nel 1983 disegna Mac Lo Straniero, scritto da Gino D’Antonio e pubblicato su Orient Express, e, a partire dal 1986, collabora con il Giornalino, realizzando, tra le altre, le serie Uomini senza gloria (poi ristampata in volumi col titolo La seconda Guerra Mondiale), Susanna e Il sogno di Icaro, una splendida opera dedicata alla sua grande passione, il volo.
Negli Novanta collabora a molte testate della Sergio Bonelli Editore, disegnando avventure di Dylan Dog, Nick Raider e Mister No. Nel 2002 si aggiudica il prestigioso premio Yellow Kid e nel 2003, a Cartoomics, il Premio alla Carriera. Si spegne a Milano l’11 maggio del 2006.