domenica 25 agosto 2019

I MONDI DI KOW YOKOYAMA


Matita pressoché sconosciuta in Italia, Kow Yokoyama fa parte di quell’ampia schiera di autori che, nel più ricco e articolato panorama nipponico, riesce a mettere la propria fantasia, il proprio estro artistico, al servizio di più mondi. Fumettista, designer, illustratore, modellista, Yokoyama è una sorta di costruttore di mondi fantastici, professione insolita che tuttavia pratica con ottimi risultati. Tra i suoi sporadici manga figura la serie Alice in Cyberland, serializzata sul magazine autoriale Lemni 3003. Basta gettare una breve occhiata alle sue tavole per rendersi conto che Yokoyama nulla ha a che fare col tradizionale modo di fare manga. Niente retini, nessuna linea cinetica, persino mancanza di gabbia nella tavola. Al contrario, uso del colore, un tratteggio ricco e suggestivo, una forte componente onirica. La sua Alice si muove nello spazio e più che terre meravigliose esplora mondi meravigliosi, popolati sempre da conigli e altre fantastiche creature, ma con indosso avveniristiche tute e magari dotate di corpi meccanici. Storie affidate più alle immagini che alle parole, sorta di flussi di emozioni e meraviglie veicolate attraverso un disegno affascinante, antico e moderno al medesimo tempo.
Un approccio grafico che si ritrova anche nelle sue illustrazioni, a corredo di romanzi e modellini, ove il soggetto futuristico, dai robot a temibili alieni in tuta da combattimento, fa il paio con un tratteggio fitto e apparentemente disordinato che si posa sulle figure come fosse una polvera antica, accumulatasi nel corso dei secoli. Non è esente da influenze, Yokoyama, e a volte i suoi abiti, i suoi mezzi, ricordano l’eleganza di Möebius o la l’organicità di Giger, ma la sua matita trasfigura, modella, muta, rendendo il tutto personale. Dopotutto, per costruire mondi serve molta creta, anche quella altrui, basta poi saperla modellare, o rimodellare.

IL MONDO DEGLI SFD3
Visto che si è parlato di modellare, Kow Yokoyama è noto soprattutto per i suoi modellini. Tutto comincia nel 1982, quando disegna alcuni strani mezzi a metà tra la fantascienza e il retrò, la Seconda Guerra Mondiale e il futuro. Tali mecha vengono indicati come SFD3 e Yokoyama, con l'aiuto di Hiroshi Ishimura (redattore della rivista Hobby Japan), gli costruisce attorno tutto un mondo. I due si immaginano infatti che la terra del futuro, e più precisamente del 2807, venga sconvolta dalla Quarta guerra mondiale. L'80% della popolazione rimane uccisa nell'immane conflitto. Il rimanente 20%, di fronte a tanta devastazione guarda verso il futuro, ed emigra nello spazio formando una Federazione Galattica. Solo quarantotto anni dopo gli ex-terrestri, che ormai vivono in colonie spaziali, tornano a occuparsi del vecchio pianeta azzurro. Una spedizione scopre che è nuovamente abitabile, comincia quindi una colonizzazione. Gli insediamenti crescono a vista d'occhio, ma nelle città, prive di un vero e proprio governo centrale, dilaga la criminalità. Per contrastarla nel 2877 si forma la Strahl Democratic Republic (SDR), sotto il controllo della Federazione, che tramite l'utilizzo di potenti forze di polizia riporta l'ordine, ma riduce al lumicino le libertà dei coloni. Questi ultimi, che ormai si sentono oppressi da una dittatura, portano avanti azioni di rivolta, fino a quando nel 2882 formano un governo terrestre che si dichiara indipendente dando il via a una guerra, utilizzando i mecha immaginati da Yokoyama.
Nella mente di Yokoyama, che dipinge con passione tutti i mezzi che la sua fantasia gli suggerisce, le SFD3 nascono già come model kit, modellini da montare. Per questo quando nel 1984 la Nitto, una compagnia specializzata in modellismo, gli propone di commercializzare scatole di montaggio con i suoi mecha in scala 1:20, accetta entusiasta. In scatole dal packaging moderno ed essenziale trovano posto le sprue di una gran varietà di mezzi. Da caccia e sottomarini futuristici sino a strani robot bipedi e, soprattutto, avveniristici mobile suit, tute da combattimento dall'aspetto antropomorfo, ma talvolta anche ragnesco. I nomi richiamano mezzi della Seconda Guerra Mondiale, soprattutto tedeschi: Gustav, Krachenvogel, Oskar, Snake Eye, ecc. Anche i colori sembrano provenire dagli anni Quaranta, con verdi mimetici e grigi sporchi. Sono gli stessi Yokoyama e Ishimura ad ammettere di essersi ispirati ai film di guerra e in particolare a U-boat. L'iniziativa ha un discreto successo e le SFD3 si guadagnano fan sia in Giappone sia all'estero.

LE MASCHINEN KRIEGER
Nel 1986, un dissidio tra la rivista Hobby Japan, su cui sono state ospitati articoli e illustrazioni sugli SFD3, e gli autori porta a una rottura tra le parti. Pare infatti che Hobby Japan non abbia mai approvato le idee portate avanti dal suo redattore Ichimura. Quest'ultimo viene licenziato e passa alla concorrente Model Graphix. È proprio lì che, all'inizio degli anni Novanta, i mezzi di Yokoyama sono destinati a risorgere. Il nome SFD3 appartiene a Hobby Japan, quindi si opta per il nuovo Maschinen Krieger ZVB 3000, spesso abbreviato in Maschinen Krieger o in Ma.K. I model kit aumentano e, grazie al fondamentale aiuto di internet, si diffondono tra i modellisti di mezzo mondo. Nuove aziende affiancano la Nitto nella produzione di modelli e subentrano interessanti variazioni sul tema, come le due serie della Medicom di Ma.K. Kubricks (i Kubricks sono una sorta di Playmobil nipponico per collezionisti).
Sempre ispirata alle idee di Yokoyama vi è la serie Working! Safs! della ditta Pooyan Toys. Si tratta di una sorta di “pupazzini” di plastica già montati e dipinti, in scala 1/35, ultima evoluzione delle originali Maschinen Krieger. Alti circa sei centimetri e ben dettagliati, trasportano le originali mobile suit nel mondo del lavoro, proponendone inizialmente cinque modelli (Rescue-1, Fire Fighting-2, Construction-3, Police-4, Rangers-5) in dotazione a diversi lavoratori e tutori dell'ordine. In seguito arrivano altri modelli, tra cui il Medical, il Delivey, il Minecleaner e via di seguito.

ILLUSTRATION BOOK
Il lavoro grafico di preparazione di ognuno dei modelli citati è impressionante e, nel corso degli anni, è stato raccolto in alcuni lussuosi illustration book. Sfogliando le pagine di tali volumi si comprende la mole di schizzi necessari per arrivare a configurare il modello definitivo, lo studio non solo di quest’ultimo ma anche dell’ambiente in cui si muove. Yokoyama parte da disegni molto semplici, quasi scarabocchi, che via via perfeziona aggiungendo tratti su tratti. I volumi evidenziano anche la passione dell’autore per gli aereoplani della Seconda Guerra Mondiale, disegnati da diverse angolazioni, la cui conoscenza gli risulta utile anche per la creazione di avveniristici caccia. Il fantastico si mescola così con la realtà, entrambi affrontati con la medesima cura. Dopotutto, disegnare la tecnologia, reale o fasulla che sia, richiede l’estro di un mangaka e la precisione di un ingegnere meccanico.