domenica 23 maggio 2021

MONDI CHE NON SI TROVANO ALTROVE Kentaro Miura



Questa intervista risale a oltre quindici anni fa. Vista la recente scomparsa di Kentaro Miura, la ripropongo in questa sede.

Berserk denota una certa passione per il medioevo europeo. Come è nata e ha influenza nel suo lavoro? 
Le informazioni che si hanno in Giappone sul fantasy occidentale sono un po’ strane. Trovo che i giapponesi siano senza ombra di dubbio il popolo asiatico che più di tutti ama il fantasy europeo. Questo forse è dovuto anche alla storia del dopoguerra. La visione dei valori di questo paese, in Occidente e altrove, è stata per lungo tempo erroneamente intesa: penso che ciò venga espresso in modo del tutto rimarchevole in certi generi fantasy in cui si portano sulla carta determinate immagini e sogni. La maggior parte dei bambini giapponesi ha più familiarità con cavalieri il cui corpo è protetto da corazze piuttosto che con i samurai e i loro chonmage (la pettinatura tipica dei samurai, con un ciuffo di capelli raccolto sulla sommità del capo, Ndr). Il fantasy corrisponde proprio alla magia della spada. Anch’io, per quanto riesca a ricordare, sono cresciuto con questa visione. 
Nel disegnare manga fantasy, io voglio realizzare storie che rendano partecipe il lettore. Quando mi metto a esaminare in modo approfondito le sensazioni di chi fa parte della scena, mi viene naturale ritrovarmi nel medioevo europeo. 
Naturalmente non è il vero medioevo, ma un’immagine fasulla, ricreata, dell’Europa dell’epoca, che riscuote molto successo oggi in un paese orientale come il Giappone. 
Probabilmente, dei samurai o dei ninja disegnati da un occidentale agli occhi di noi giapponesi apparirebbero bizzarri, ma forse lo stesso mondo medioevale di Berserk appare strano agli occidentali, non è così? 
Io sono sorpreso dell’accoglienza ricevuta da Berserk, non tanto presso il pubblico dei moderni giapponesi cui era indirizzato quanto piuttosto presso i lettori del luogo in cui si svolge la storia, ossia l’Europa e in particolare l’Italia… 

Ho notato riferimenti a pittori/illustratori europei inquietanti come Maurits Cornelis Escher (1898-1974, illustratore/matematico specializzato in "illusioni spaziali") e Hieronymus Bosch (1450-1516, pittore fiammingo con una predilezione per le rappresentazioni mostruose). Ha "studiato" le loro opere? 
Apprezzo sia Bosch che Escher, di cui ho anche volumi che ne raccolgono le opere. Inoltre mi piacciono le acqueforti di Pieter "il giovane" Bruegel (1564-1637/8, autore di ossessive rappresentazioni di scene infernali, Ndr) e Gustave Doré (1832-83, scultore, illustratore e pittore francese, celebre per le sue illustrazioni de La Divina Commedia, Ndr) mentre tra gli illustratori ammiro Frank Franzetta (1928, famoso illustratore e fumettista americano, Ndr) e Luis Morrison. 

In Berserk sembrano coesistere due filoni: quello storico/avventuroso e quello fantastico/horrorifico, tuttavia mi sembra che il secondo abbia preso il sopravvento. È d'accordo? 
Berserk è prima di tutto un fantasy. Le parti storiche sono state inserite per aumentare la sensazione di realtà, per scaraventare il lettore sul luogo dell’azione. Inizialmente feci coesistere i due filoni per far sì che mi leggessero anche lettori comuni, coloro che non provano particolare interesse per il fantasy e il fantastico. Non volevo assolutamente fare un’opera solo per maniaci. 

Il lunghissimo flashback con la storia della Squadra dei falchi permette alla storia di "decollare". Lo aveva previsto sin dal principio? 
I manga che personalmente prediligo sono quelli in cui i lettori riescono a “legarsi” ai personaggi, ossia provarne simpatia e compassione, immedesimarvisi. 
Come un poema in prosa dunque, pensai che sarebbe stato meglio raccontare la vita del protagonista tutta d’un fiato, in modo da rafforzare l’amore dei lettori per Gatsu… Certo che però si è prolungata in modo inaspettato! Ma ormai è quel che è fatto è fatto. 
Però, nonostante l’inesperienza, penso di aver dato delle buone rifiniture a un’opera che riesce a creare empatia. 

Uno dei punti di forza di Berserk durante il flashback era proprio la ricchezza di personaggi, non le è spiaciuto "sacrificare" tutta la squadra dei falchi? 
Stranamente è una cosa che ho fatto con la massima serenità. Lasciarsi prendere esageratamente da un certo personaggio non è molto naturale per colui che crea l’opera, come invece può esserlo per i lettori. 
Quello che per me contava era che nel manga l’apparizione di tali personaggi avesse un senso: ci sono momenti per vivere e momenti in cui ci si confronta con la morte… 
Non so se questo possa risultare strano, ma è una cosa cui tengo molto. 

Ha seguito la lavorazione dell'anime di Berserk? E come trova il risultato finale? 
Per la produzione della serie TV sono sempre stato impegnatissimo e pressato dagli impegni, ma non credo che si sia sprecato denaro o tempo. 
Nei loro limiti, tutte le persone impegnate nell'anime stanno facendo del loro meglio. Naturalmente anch’io, quando il tempo me lo ha permesso, ho collaborato con piacere. 

Mi risulta che stia preparando un videogame di Berserk, di cosa si tratta? 
L’anime è incentrato sulla squadra dei falchi, praticamente solo sulla storia dei cavalieri neri, il gioco (per Dreamcast, Ndr) sarà qualcosa di diverso. È il primo mix mediatico relativo a Berserk, e forse sconvolgerà le idee di chi si era creato l’immagine di Gatsu unicamente come cavaliere nero. Fortunatamente, rispetto all’anime ho avuto più tempo a mia disposizione. Non è ancora completo, ma sta venendo abbastanza bene. 

Berserk la sta assorbendo totalmente, pensa che in futuro tornerà al lavoro su “Japan” o sta pensando ad altre storie? 
Non ho intenzione di tornare su “Japan”, ma prima o poi vorrei provare a disegnare qualcosa di fantascienza. Penso che il fascino squisito dell’essere mangaka consista proprio nella possibilità di creare “mondi” sempre differenti che non si trovano altrove.

martedì 4 maggio 2021

CHI È QUELLA BAMBINA?


Ogni volta che piove nella mia mente (dal funzionamento un po’ bislacco, lo ammetto) si forma un’immagine che trovo malinconica e gioiosa al medesimo tempo. È l’immagine di Totoro che aspetta alla fermata di un autobus, con una foglia quale copricapo, e una bimba un po’ perplessa con ombrello al suo fianco. Trovo sia una delle immagini più poetiche del mondo dell’animazione e non solo. Nella penombra di quel luogo imprecisato, in mezzo alla campagna, mi pare quasi di sentire il picchiettare delle gocce d’acqua che cadono su alberi e terreno. Sto parlando del film, o meglio della sua locandina, “Il mio vicino Totoro”, creato da Hayao Miyazaki e distribuito in Giappone nel 1988. Tuttavia, quel poster ha qualcosa che non va. Nonostante si tratti del poster della versione originale apparsa nelle sale, utilizzato talvolta anche come cover del DVD o per scopi pubblicitari, la ragazzina a fianco di Totoro non è un personaggio del film. Non è né Satsuki né Mei, le due bambine che nel film incontrano Totoro. Un giornalista giapponese ha deciso di indagare per scoprire chi sia quella misteriosa ragazzina. “Il mio vicino Totoro” originariamente era un libro illustrato per bambini, che è stato poi trasformato in un film. Quando è arrivato il momento di creare la locandina per il film, Miyazaki non è riuscito a trovare la giusta composizione e, dopo diverse revisioni, ha deciso di tornare all’immagine originale del libro illustrato realizzandone una molto simile. Ma perché il poster ha resistito tutti questi anni senza che ne fosse realizzato uno nuovo con le bambine che, invece, nel film sono presenti? All’inizio “Il mio vicino Totoro” non riscosse un grande successo, divenendo molto popolare solo dopo essere stato trasmesso più volte in televisione, per questo motivo e forse per un pizzico di pigrizia (o perché era comunque perfetto così), lo Studio Ghibli non ha mai pensato di cambiarne il poster, che resta bellissimo.