Al suo rientro in Giappone disegna per il kamishibai, il teatro d’immagini ambulante, e per i negozi di libri in prestito. Nel 1957 pubblica il suo manga d’esordio, dal titolo Rocketman, ma è nel 1959 che realizza il primo episodio di quella che è destinata a diventare la sua serie più famosa. Hakaba no Kitaro (“Kitaro del cimitero”), questo il titolo, viene realizzato a sprazzi e solo a metà anni Sessanta acquisisce una periodicità stretta e il titolo definitivo. La serie racconta le storie horror, ma anche grottesche e divertenti, di Kitaro, un ragazzino che in una cavità oculare ospita lo spettro del padre defunto che lo aiuta nelle sue imprese. Kitaro in ogni episodio deve affrontare macabri misteri e temibili mostri, inventati o prelevati dal folklore nipponico, quegli yokai di cui in gioventù gli parlava nonna NonNonBa. Questi esseri, noti anche come ayakashi o mononoke, possiedono poteri e abilità misteriosi. Yokai viene spesso tradotto come "mostro" o "fantasma", tuttavia queste creature hanno una natura differente dai mostri o dai fantasmi poiché possiedono alcune caratteristiche amabili per le quali è difficili odiarli, infatti riescono ad accattivarsi la simpatia della gente. Quando nel 1965 Kitaro diviene per la prima volta protagonista di un anime (altri ne seguiranno), col titolo Ge ge ge no Kitaro, la popolarità del personaggio cresce esponenzialmente e si protae fino ai giorni nostri.
Ancora interessato alla pittura e alla tradizione, negli ultimi anni Mizuki si dedica alla realizzazione di stampa ukiyo-e (“immagini del mondo fluttuante”, xilografie tipiche giapponesi) usando le medesime tecniche degli artisti del passato. Non solo, riproduce molte stampe del famoso Hiroshige (1797-1858), della serie Cinquantatrè tappe della Tokaido, lasciando immutati i paesaggi ma inserendovi molti yokai e il suo personaggio più famoso, Kitaro, che si trova perfettamente a suo agio in questo gioco tra passato e presente.
Continua a lavorare anche in vecchiaia, e la strada che porta al suo studio è disseminata di statue che rappresentano gli yokai, quelle creature che lo hanno sempre affascinato e a cui ha dedicato anche un’enciclopedia, da lui scritta e disegnata, dal titolo Nihonyokaitaizen (in Italia Enciclopedia dei mostri giapponesi).