lunedì 28 dicembre 2020

OSCAR CHICHONI


Diversi anni fa, almeno dieci andando a memoria, ho intervistato l'illustratore argentino Oscar Chichoni per la sfortunata rivista Robot. Ho ritrovato la breve intervista nell'archivio del mio computer. Mi spiace lasciarla lì a prendere polvere virtuale, così ho deciso di postarla qui. Buona lettura.



Guardando le sue illustrazoni il futuro sembra sempre una cosa cupa e inquietante. È Così che lo vede?
Non saprei. Certo c'è un clima di paura, specie nell'uso del colore. Il futuro è una cosa sconosciuta, è un mondo nuovo che ancora non si conosce, quindi ci provoca paura. Penso però che sia una sensazione che proviamo tutti. Comunque cerco anche di scherzarci sopra.

Si riferisce forse a quei futuristici putti che appaiono spesso nelle sue immagini facendo gestacci e boccacce?
Proprio così. In fondo sono dei niños, dei bambini che strizzano l'occhio allo spettatore.

È forse il carattere latino che esce fuori, ironizzare e smitizzare tutto, anche le paure.
Non so, è possibile.

A cosa è dovuta la sua predilezione per il metallo, per le figure gigantesche e arrugginite, granitiche?
Tutti noi abbiamo fatto delle esperienze che fanno parte di noi stessi. Da bambino giocavo in una specie di cimitero di locomotive a vapore, forse è nato tutto da lì, dal ricordo di quei mostri arrugginiti al sole. Erano quasi dei simboli della vita, cose enormi eppure destinate a morire, ad arrugginirsi, oppure a essere fatte a pezzi e riutilizzate. È il ciclo della vita.

Visto che ha nominato il sole, in effetti il ferddo metallo delle sue illustrazioni è spesso scaldato da una luce calda…
Vero, accade spesso anche questo.

Per un illustratore abituato a lavorare sempre da solo, arteficie assoluto del prprio lavoro, è stato difficile lavorare per il cinema?
No. In effetti ho lavorato da solo per tutta la vita e all'inizio pensavo che l'esperienza col cinema sarebbe stata terribile. Invece è stato l'opposto. Oggi preferisco il lavoro di squadra: è molto più stimolante e dinamico. La cosa che più mi interessa è ottenere un buon prodotto finale, cosa che è più facile fare in gruppo, anche se un po' scompare la mia persona.

Ho letto che non usa il pennello, è vero?
Lo uso il meno possibile, preferisco le matite e i pastelli a olio. Non ho un buon rapporto col pennello. Talvolta lo uso per realizzare le figure umane, ma in tutti gli altri casi preferisco le matite.

Utilizza il computer?
Non ancora. Ho intenzione di utilizzarlo, ma per ora non ho tempo. Inoltre ho capito che i giovani lo utilizzano già benissimo, meglio di quanto potrei fare io. Nel mio lavoro di art director per videogiochi ho coordinato molti ragazzi che usano il computer: sono davvero bravi, fanno cose egregie. Io lavoro ancora con carta e matita e lascio che siano gli altri a trasformare le mie illustrazioni in immagini virtuali. Credo di appartenere a un'altra generazione.

Cosa legge e cosa guarda Oscar Chichoni?
Leggo quello che leggono le persone comuni, nulla di particolare. Buona letteratura, buon cinema, ma non sono uno specialista in niente, anzi, quando qualcuno parla di cinema mi sento ignorante. Spesso leggo cose opposte a quello che sto facendo: se realizzon un'immagin di fantascienza leggo avventura, e viceversa. È un modo per cercare stimoli che non interferiscano.

Ha mai pensato di realizzare fumetti?
Li ho fatti, ma quando avevo 17 anni, per le Edizioni Record, per cui hanno lavorato grandi artisti come Juan Zanotto. Mi sono dedicato anche alla pittura. Quando si è giovani si sperimentano tante strade… Alla fine sono arrivato all'illustrazione, che è un modo di coniugare pittura e fumetto.