Lo fa anche Robotics, fumetto in divenire formato da racconti brevi leggibili autonomamente, ma incastrati in un complesso meccanismo narrativo e visivo che porta sulla carta un intero mondo, quello della Terra del futuro ormai condannata dagli abusi della razza umana. Un nuovo virus, incurabile e inarrestabile, stermina gli uomini e l’unica speranza consiste nel trasferire le proprie menti, le proprie coscienze, all’interno di corpi robotici. Ben presto, nessun piede in carne e ossa calpesta il suolo terrestre ormai devastato e desolato, ma solo gli arti metallici di coloro che un tempo erano uomini. In un certo senso viene ribaltato il presupposto che reggeva le storie di robot precedenti: mentre prima i robot anelavano a diventare uomini, in questo caso sono gli uomini che anelano a diventare robot. A rigor di logica, le nuove “creature” non dovrebbero essere classificate come robot, ma come cyborg (mezzi robot e mezzi umani) o androidi (esseri meccanici dalle fattezze antropomorfe), tuttavia, pare che il passaggio da organico a inorganico non sia così perfetto, che grandi parti della memoria vadano perdute, che la stessa coscienza si inaridisca. Alcuni robot si recano persino alla ricerca di un loro simile, chiamato Dreamer poiché in grado di restituirgli una capacità ormai perduta, quella di sognare. Acquista quindi senso la domanda che aleggia lungo le tavole: “eterni e indistruttibili, siamo ancora vivi, ma a quale prezzo?” Cosa fa di un essere vivente un essere umano? Certamente non la sola fisicità, non la sola organicità, ma la totale eliminazione di quest’ultima che conseguenze può avere su tutto il resto? Domande che forse troveranno risposta nel corso della lettura, o forse no, dopotutto la migliore narrativa non è quella che fornisce risposte, ma quella che solleva dubbi. Come fa per ora Robotics, col suo tratto cupo in parte in antitesi con l’idea stessa di robot, metallico e scintillante, ma in linea col greve mondo che deve raffigurare. La presenza di più disegnatori rende un po’ farraginoso il tutto, ma la rappresentazione dei robot, fulcro dell’opera, è azzeccata. Non manca l’inserimento del “cattivo” da contrastare, fondamentale in una storia che deve comunque mantenere una struttura avventurosa, e diverse sottotrame legate a differenti personaggi, che rendono il tutto maggiormente sfaccettato e intrigante. Nell’affollato panorama di storie robotiche, Robotics riesce insomma dire la propria, e lo fa in modo convincente.
mercoledì 19 ottobre 2016
UOMINI O ROBOT?
Lo fa anche Robotics, fumetto in divenire formato da racconti brevi leggibili autonomamente, ma incastrati in un complesso meccanismo narrativo e visivo che porta sulla carta un intero mondo, quello della Terra del futuro ormai condannata dagli abusi della razza umana. Un nuovo virus, incurabile e inarrestabile, stermina gli uomini e l’unica speranza consiste nel trasferire le proprie menti, le proprie coscienze, all’interno di corpi robotici. Ben presto, nessun piede in carne e ossa calpesta il suolo terrestre ormai devastato e desolato, ma solo gli arti metallici di coloro che un tempo erano uomini. In un certo senso viene ribaltato il presupposto che reggeva le storie di robot precedenti: mentre prima i robot anelavano a diventare uomini, in questo caso sono gli uomini che anelano a diventare robot. A rigor di logica, le nuove “creature” non dovrebbero essere classificate come robot, ma come cyborg (mezzi robot e mezzi umani) o androidi (esseri meccanici dalle fattezze antropomorfe), tuttavia, pare che il passaggio da organico a inorganico non sia così perfetto, che grandi parti della memoria vadano perdute, che la stessa coscienza si inaridisca. Alcuni robot si recano persino alla ricerca di un loro simile, chiamato Dreamer poiché in grado di restituirgli una capacità ormai perduta, quella di sognare. Acquista quindi senso la domanda che aleggia lungo le tavole: “eterni e indistruttibili, siamo ancora vivi, ma a quale prezzo?” Cosa fa di un essere vivente un essere umano? Certamente non la sola fisicità, non la sola organicità, ma la totale eliminazione di quest’ultima che conseguenze può avere su tutto il resto? Domande che forse troveranno risposta nel corso della lettura, o forse no, dopotutto la migliore narrativa non è quella che fornisce risposte, ma quella che solleva dubbi. Come fa per ora Robotics, col suo tratto cupo in parte in antitesi con l’idea stessa di robot, metallico e scintillante, ma in linea col greve mondo che deve raffigurare. La presenza di più disegnatori rende un po’ farraginoso il tutto, ma la rappresentazione dei robot, fulcro dell’opera, è azzeccata. Non manca l’inserimento del “cattivo” da contrastare, fondamentale in una storia che deve comunque mantenere una struttura avventurosa, e diverse sottotrame legate a differenti personaggi, che rendono il tutto maggiormente sfaccettato e intrigante. Nell’affollato panorama di storie robotiche, Robotics riesce insomma dire la propria, e lo fa in modo convincente.
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