sabato 25 aprile 2015

IL FUMETTO È ARTE?

Il fumetto è arte? Di fronte a tale domanda gli appassionati risponderanno «certamente!», i detrattori «neanche per idea!» Il quesito, come molti altri, presenta al suo interno una miriade di sfumature, dopotutto come si può definire qualcosa arte se non è ben chiaro neanche che cosa sia l’arte? Diceva Vincent Van Gogh: «A tutt’oggi, non ho trovato miglior definizione dell’arte di questa, l’arte è l’uomo aggiunto alla natura – natura, realtà, verità. Ma col significato, il concetto, il carattere che l’artista sa trarne, che libera e interpreta.» Un concetto ben applicabile anche al fumetto. Ancora più ampia e omnicomprensiva è la definizione di arte coniata da Dino Formaggio: «Arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte.» Ma a prescindere dal fatto che si consideri il fumetto arte oppure no, è innegabile l’interscambio esistente tra i due (ammesso che siano cose separate). Tanto per fare due esempi, il fumettista statunitense Jim Steranko cita visivamente le opere di Dalì in alcuni suoi fumetti. Sul fronte opposto, Roy Lichtenstein “copia” vignette di fumetti per trasformarle in quadri pop. E che dire poi di quegli autori che si spostano agevolmente da un settore all’altro, disegnando fumetti un giorno e dipingendo quadri un altro, come Carl Barks (uno dei top player disneyani) o Pablo Eucharren, pittore che non disdegna i comics pur non lesinando pareri taglienti nei confronti del settore: «per il mondo della pittura sono un fumettaro, per quello del fumetto sono un pittore. E il mondo del fumetto è completamente cieco.»
In Francia, la prestigiosa università di Parigi, la Sorbonne, ospita un corso di storia ed Estetica del Fumetto. Infatti i francesi lo definiscono la Nona Arte. Non tutti, ovviamente, sono d’accordo e il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, pur dimostrando un certo apprezzamento per il medium, ha a lungo argomentato sul fatto che non si tratti di arte. 
Comunque sia, così come l’arte ha talvolta “giocato” col fumetto, questo a sua volta ha “giocato” con l’arte. È il caso de La traversata del Louvre, romanzo grafico nel quale l’autore, David Prudhomme, non fa altro che raccontare la visita del suo alter ego di carta al più famoso museo del mondo, il Louvre. Non c’è una trama precisa, solo un girovagare tra le sale, le opere d’arte, persone, pensieri, sensazioni, emozioni, idee. Eppure, tutto scorre fluido, in un crogiolo di realtà e immaginazione che cominciano a confondersi tra loro. È evidente che Prudhomme pensa che il fumetto sia arte, altrimenti non pronuncerebbe, nella sua forma disegnata, tali frasi: «mi sembra di trovarmi in un gigantesco fumetto. Su tutte le pareti ci sono delle vignette. Di tutte le dimensioni e di tutte le forme. Lettori ovunque. Venuti da tutto il mondo. Meglio di Tintin.» Così il Louvre diventa fumetto a sua volta, e coprotagonista persino. Gli altri personaggi, tutti silenti, sono i suoi visitatori, impegnati a osservare quadri e statue. Ma se guardi a lungo un’opera d’arte questa comincia a guardare te (divertenti le vignette in cui il punto di vista si ribalta) e, in certo senso, a diventare te, influendo sulle tue espressioni, le tue posture, il tuo modo di muoverti. Almeno per un po’, non ti lascia neanche quando esci dal museo, quando le immagini delle tele rimangono negli occhi e si mescolano col quotidiano. Perché se è vero che siamo ciò che mangiamo, è altrettanto vero che siamo ciò che leggiamo, ciò che guardiamo, ciò che amiamo. Girovagare per il Louvre – anche senza meta, quasi perdendosi – è insomma una gioia, un’esperienza catartica. Il piccolo Prudhomme, e il lettore con lui, si immerge in quelle sale maestose e il grande Prudhomme reinventa con la sua mano da fumettista opere famose, così tante e così belle che volendo si può fare un gioco: contare quante se ne riconoscono. In grandi vignette, spesso a tutta pagina, riempite con colori pastello, con delicate sfumature di grigio si è quasi colpiti dalla sindrome di Stendhal, visitando il museo comodamente seduti a casa propria. È questo, indubbiamente, uno dei grandi vantaggi del fumetto (e della narrativa in genere), consentire di conoscere luoghi e persone, vivere avventure ed emozioni, senza fare un passo. E nel fermare sulla carta tanta arte e tanta bellezza, Prudhomme lo fa con una leggerezza e una accuratezza encomiabili, puntando su un tratto che media tra realismo e sintesi, tra serio e ironico. E se il fumetto non è arte, La traversata del Louvre non so proprio cosa sia…
 

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