giovedì 22 novembre 2007
SHOJO MANGA: UNA MOSTRA VIRTUALE introduzione
Pensando a una donna giapponese l'immagine che si forma nelle mente degli occidentali è generalmente quella di una geisha, o comunque di una figura minuta e aggraziata, un esempio di cortesia e compostezza, sempre pronta a lasciare il passo alla più autoritaria figura maschile. In effetti la tradizione nipponica ha sempre imposto alle donne il ruolo di subordinate, cristallizzandole in un'immagine estremamente "decorativa" e vincolandole al ruolo di mogli e madri. Fortunatamente col tempo le cose stanno cambiando, e anche se le donne giapponesi partono sempre svantaggiate rispetto agli uomini (il numero di manager e di politici donne per esempio è ridottissimo), non tutte sono più disposte a confinarsi tra le mura domestiche, o ad accontentarsi dei livelli gerarchici più bassi nel mondo del lavoro e della società. Questo cambiamento può in parte essere notato anche nel mondo dei manga, dove non solo le donne (autori e personaggi) sono molto aumentate di numero nel corso degli ultimi venti anni, ma si sono anche svincolate dagli stereotipi che le caratterizzavano.
I manga disegnati da donne per le donne sono detti shojo manga, “manga per ragazze”. Una definizione, spesso incontrata sulle riviste di settore, dietro cui si cela un vasto e complesso mondo fatto di fumetti, personaggi e autori.
“Anche se adesso il confine tra shojo manga e shonen manga (“manga per ragazzi”) è assai labile, in passato le caratteristiche peculiari che rendevano un fumetto per ragazze immediatamente riconoscibile come tale erano in primo luogo grafiche: occhioni lucidi, nuvole di fiori, ragazzi belli e impossibili dal carattere sensibilissimo ecc. Inoltre le storie erano fondamentalmente d'amore.” Spiega in una intervista Keiko Ichiguchi, autrice egli stessa di shojo manga.
Ma cerchiamo di inquadrare meglio l'argomento. In un paese dove il fumetto è fortemente targettizzato – ovvero diviso per fasce d'età, sesso, condizione sociale – fin dal dopoguerra gli autori hanno cominciato a produrre manga per ragazzi e manga per ragazze. Gli shojo, in particolare, sono diretti alle giovani tra i 10 e i 18 anni d'età, mentre per le donne adulte si passa già a un'altra categoria, quella dei ladies manga.
Inizialmente, ovvero a partire dagli anni quaranta, gli shojo manga erano realizzati da mangaka uomini. Quello che può essere considerato il primo shojo in assoluto, ovvero Ammitsu-hime (“La principessa Ammitsu”) fu pubblicato nel 1949 sulla rivista Shojo Club della Kodansha. Si trattava di divertenti storielle di poche pagine scritte e disegnate da Suhiho Tagawa. Molti altri uomini, in seguito divenuti famosi, si cimentarono con fumetti diretti al gentil sesso, tra loro ricordiamo Leiji Matsumoto e Shotaro Ishinomori. A creare il primo shojo manga moderno, che conteneva in embrione quelle che sarebbero state le caratteristiche grafiche e narrative peculiari del genere, fu però Osamu Tezuka. Questo famosissimo autore nel 1953 portò sulla carta le avventure di Ribon no Kishi (in Italia La principessa Zaffiro), storia fantasy di una principessa cresciuta come un maschio per poter meglio governare il regno. In questa serie erano presenti per la prima volta, e chiaramente codificati, i segni di cui parlava Ichiguchi: gli occhioni, i fiori, le grandi storie d'amore.
L'avvento delle donne, destinate a diventare depositarie quasi esclusive del genere, in questo particolare settore dell'industria del disegno avvenne negli anni settanta. Si trattò di una piccola rivoluzione capeggiata da alcune importanti mangaka come Moto Hagio, Ryoko Ikeda, Yumiko Oshima e Keiko Takemiya. Impossessatesi degli shojo, le donne rafforzarono quanto già costruito e vi inserirono altri elementi fortemente femminili. Il romanticismo divenne un caposaldo, le relazioni interpersonali – in particolare quelle amorose – presero il completo sopravvento sull'azione, tanto che tuttora gli shojo manga sono considerati più letterari degli shonen, ovvero molto più attenti alle storie, ai dialoghi, alla costruzione dei personaggi. Anche gli stereotipi grafici vennero perfezionati e sfruttati a fini "linguistici". I fiori non erano più semplicemente decorativi, ma tramite un preciso codice dovevano comunicare dei sentimenti, delle emozioni. Le rose cominciarono a indicare l'amore, i petali svolazzanti la malinconia e via dicendo. Gli occhi grandi divennero ideali veicoli di emozioni, con calde lacrime pronte a sgorgare in caso di tristezza e lucenti sfavillii pronti a brillare in caso di gioia. Anche la composizione delle tavole cambiò secondo regole estranee agli shonen. In storie in cui la vita quotidiana ha grande importanza e l'abbigliamento della ragazze è estremamente curato, grandi e longilinee figure cominciarono a occupare la pagina in tutta la sua altezza, tagliando in verticale le vignette. Una disposizione disordinata delle vignette divenne un metodo infallibile per trasmettere forti emozioni negative: smarrimento, terrore, infelicità.
Rappresentativi di questo modo classico di intendere gli shojo sono certamente i manga disegnati da Yumiko Igarashi. Tanto per fare un esempio, Candy Candy, su testi di Kyoko Mizuki, porta in scena la travagliata infanzia e adolescenza dell'omonima protagonista, cresciuta in un orfanotrofio sulle sponde del lago Michigan e in seguito destinata a mille peripezie sentimentali per mezza Europa (la collocazione delle storie in ambienti europei rappresenta un altro degli elementi romantici). Ma gli occhioni e i biondi capelli vaporosi delle ragazzine della Igarashi si ritrovano anche in serie più "colorite" dal punto di vista dell'ambientazione, come Tim Tim Circus (in Italia Kitty la stella del Circo), ove l'eroina è una trapezista la cui famiglia muore nel corso di un esercizio, o in Mamie Angel (in Italia Susy del Far West), in cui la giovane protagonista sogna di partire per il Far West, così come in Anna dai capelli rossi che trasforma in manga un noto romanz della canadese Lucy M. Montgomery.
Nel 1972 vede la luce un manga decisamente più innovativo, Versailles no bara ("La rosa di Versailles", in Italia Lady Oscar), di Ryoko Ikeda, in cui le donne trovano la loro completa emancipazione. Nell'evoluzione della protagonista Lady Oscar potremmo anche intravedere una metafora dell'evoluzione degli shojo. Oscar è infatti una ragazza cresciuta come un uomo dal padre che avrebbe voluto avere un figlio maschio. In questa sua veste androgina, e sullo sfondo della Rivoluzione Francese, diviene addirittura il comandante delle guardie della regina Maria Antonietta. Solo verso la fine della storia – tra mille conflitti, intrighi di corte, drammatiche vicende politiche – Oscar ritrova la sua femminilità e l'amore tra le braccia del bello André. In altre parole parole la femminilità soffocata si libera, sia in Oscar che negli shojo manga.
Non si creda però che i gli shojo manga parlino solo d'amore. Pur essendo storie incentrate sempre sugli individui e sulle loro relazioni, nel tempo hanno inserito le tematiche più svariate tra le pieghe delle loro storie. Fantascienza, horror, fantasy hanno fatto capolino tra le storie per ragazze, a volte semplicemente come scenografia, più spesso come elementi portanti della trama. Ormai non è inconsueto incontrare negli shojo magazine serie i cui personaggi si muovono, invece che tra i banchi di scuola o le mura domestiche, su mondi fantastici o avveniristiche astronavi. Alcune autrici di shojo manga, poi, hanno fatto di queste "contaminazioni" una precisa scelta stilistica, inserendole con frequenza nelle loro opere. Già Moto Hagio ha dimostrato da decenni di padroneggiare tutti i filoni di questo genere: dal romantico allo storico, dall’horror alla fantascienza fino ai manga con tematiche omosessuali. La fantascienza, in particolare, si è dimostrata uno dei suoi cavalli di battaglia. They were eleven e A, A Prime sono esempi di una narrativa fantastica centrata più sulla speculazione, sul rapporto tra uomo e scienza, tra tecnologia e sentimento, che non su azione sfrenata e combattimenti spaziali (più consoni agli shonen). Mantenendo saldi i topoi grafici degli shojo e rispettando l'assioma per cui sono sempre gli esseri umani a dover stare al centro dell'obiettivo, la fantascienza degli shojo appare più sottile, più raffinata, sicuramente meno d'impatto da un punto di vista grafico, ma maggiormente affascinante da un punto di vista narrativo. Anche l'horror degli shojo ha precise peculiarità. Kei Kusunoki, da sempre specializzata in questo genere di manga, ha dato prova di sapersi destreggiare al meglio in titoli come Onikirimaru ("Cacciatore di oni", in Italia Slayer) e Dai tokai ni hoero (“Abbaiare alla città”, conosciuto anche come Crime City). La brava autrice preferisce infatti attingere a piene mani alla tradizione e al folklore del proprio paese. I mostri e gli orrori affrontati dai suoi personaggi sembrano quindi appena usciti da antiche leggende, libri consumati dal tempo, racconti tramandati oralmente. Le feste e gli abiti tradizionali forniscono coreografie affascinanti, tensione e terrore sono emotivi prima che fisici, e i grandi occhi espressivi dei personaggi paiono fermamente intenzionati a ricordare al lettore che si tratta di shojo manga. Il famosissimo gruppo delle CLAMP è giunto poi a fare propria anche l'azione sfrenata e distruttiva, da sempre punto di forza degli shonen. nel loro manga dal titolo X i combattimenti a colpa di spade e arti magiche sono all'ordine del giorno. Nel più infantile Magic Knight Rayearth tre ragazzine si trovano sbalzate in uno sconosciuto mondo fantasy. In Tokyo Babylon torna la fantascienza, mentre in RG Veda è il genere fantasy a spadroneggiare, ma immerso nella mitologia induista che gli conferisce una patina di nobile fascino.
Negli ultimi anni, una presenza delle donne è ravvisabile addirittura tra i titoli erotici, un tempo dominio degli uomini. Un caso davvero particolare è quello di Ai Ijima. Questa giovane donna in realtà ha sceneggiato un solo manga, Time Traveler Ai, ma è nota al pubblico giapponese come attrice soft-porno. Il suo esordio nel mondo dello spettacolo è avvenuto infatti grazie filmetti pornografici e riviste erotiche, per poi approdare a una cinematografia leggermente più seria e alla televisione, dove comunque non dimentica di sottolineare il suo lato sexy. Disegnato da Takeshi Takebayashi, Time Traveler Ai, è quasi un'autobiografia umoristica, fantastica e lievemente erotica, la protagonista è infatti Ai, una modella che incidentalmente si ritrova a viaggiare nel tempo con la sua troupe, vivendo brevi avventure nel West, nell'antico egitto, nell'Europa di Napoleone e chi più ne ha più e metta. Certo un fumetto modesto, ma incentrato tutto sulla "figura" dell'autrice/protagonista.
Milk Morizono è invece un vero e proprio punto di riferimento nel mondo dei ladies comics erotici. A partire dall'inizio degli anni Ottanta ha realizzato molte serie inquadrabili nel filone erotico: Cocktail Stories, Desire, Bondage Fantasy, Let's go to Bed, Slave to Love, High Life (unico pubblicato in Italia). Il suo disegno è sofisticato, anche se eccessivamente freddo, e i suoi manga (spesso scritti da altri, ma "su misura" per lei) tendono a shockare, anche su un piano emotivo oltre che sessuale. Probabilmente intenzione dell'autrice è fare uscire le donne giapponesi, sue principali lettrici, da quella sonnolenza che le ha tenute prigioniere per millenni.
Il sesso è una presenza costante anche nei fumetti di Kyoko Okazaki, altra autrice di ladies manga lontana anni luce da una visione mielosa di fumetto giapponese femminile. Le sue storie mettono infatti a nudo i mille conflitti della società nipponica, mentre le sue protagoniste sono giovani impiegate che la notte si trasformano in donne a pagamento, oppure studentesse poco inclini a rispettare rigidi costumi sessuali. Un altro ritratto di pezzi di una società che cambia, di mondi al femminile che cercano di evadere dalle strette celle in cui sono stati confinati.
Infine va ricordato almeno un altro filone, quello dei manga a tematica omosessuale. Difficile comprendere e spiegare cosa spinga le autrici e le lettrici ad appassionarsi tanto a questo genere di storie, resta tuttavia il fatto che i manga dedicati a personaggi omosessuali sono moltissimi, e che l'argomento è affrontato da moltissimi punti di vista, dal sentimentale all'erotico spinto. Gli shojo manga a tematica omosessuale, conosciuti anche come shonen ai (amori maschili), sono pensati per un pubblico esclusivamente femminile. Dopo la lettura di alcuni di questi manga, la cosa non stupisce: davanti agli occhi del lettore si apre infatti un mondo fatto quasi esclusivamente di bishonen (bei ragazzi), esempi di bellezza maschile da cui le ragazze sono immediatamente attratte. Tuttavia non si tratti solo di "attrazione fisica": i protagonisti maschili vantano spesso una sensibilità tutta femminile, intessono complesse storie d'amore, sono talvolta fragili, non si vergognano di piangere, sono insomma molto lontani dallo stereotipo dell'uomo d'azione, tutto d'un pezzo e spesso senza cervello (e soprattutto senza cuore) proposto invece dagli shonen manga. Se a questo aggiungiamo che i protagonisti sono immersi in atmosfere shojo, con una ambientazione quotidiana e una narrazione pacata e riflessiva, attenta ai personaggi quanto all'intreccio, comprenderemo ancora meglio perché piacciono più alle ragazze che non ai ragazzi. Tale filone ha fatto la fortuna di autrici specializzate come Kazuma Kodaka (Kizuna), ma è stato avvicinato anche da comuni artiste shojo, come Marimo Ragawa che nel serial New York New York ha mescolato le tematiche d'azione con quelle sentimentali, grazie alla storia d'amore tra un poliziotto e il suo compagno gay.
Insomma, l'universo degli shojo manga è decisamente ricco e sfaccettato, così come in continua espansione. Si ha inoltre l'impressione che si evolva assieme a coloro che le lo creano e lo leggono, riuscendo a mostrare, seppur all'interno di opere di fantasia, anche l'evoluzione della figura femminile nella società nipponica.
nell'immagine: La principessa Zaffiro © Tezuka Prod.
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1 commento:
Oddio, non so però se tokyo babylon può considerarsi propriamente un manga dalle tematiche fantascientifiche, non credi? Semmai anzi ha forti elementi fantasy e soprannaturali, pur non essendo ambientato in un mondo fantastico. Tra l'altro fa praticamente da preludio a X.
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