martedì 27 novembre 2007

TRISTE NOTIZIA


In rete è apparsa la seguente notizia: il 26 novembre 2007 si è spento a Roma Roberto Del Giudice, amato da intere generazioni grazie alla voce inconfondibile che ha dato a Lupin III.
Attore, doppiatore e direttore del doppiaggio, Del Giudice è nato a Milano il 5 giugno 1939. All’inizio degli anni Sessanta frequenta l’Accademia di Arte Drammatica, dopodiché si dedica al teatro e, nel 1969, si avvicina al mondo del doppiaggio. Da quel momento presta la propria voce a moltissimi personaggi animati, sia del cinema sia della televisione: Frodo Baggins nel film Il Signore degli Anelli (1978 diretto da Ralph Bakshi), Benny il taxi in Chi ha incastrato Roger Rabbit, Zazu in Il Re Leone (e nei seguiti Il Re Leone 2: Il Regno di Simba e Il Re Leone 3: Hakuna Matata), Miss Piggy dei Muppets, ecc. Molto attivo anche nelle produzioni live, doppia, tra gli altri, Bo Duke nella serie televisiva Hazzard. Ultimamente si dedica maggiormente alla direzione del doppiaggio, firmando film come Nikita di Luc Besson, Allucinazione perversa di Adrian Lyne, Il padre della sposa di Charles Shyer, Haunting - Presenze di Jan de Bont.
Roberto Del Giudice è stata la voce italiana di Lupin III, ha infatti doppiato il personaggio in quasi tutti gli anime (con l’esclusione di un pugno di film).

sabato 24 novembre 2007

UN MANGA ALTICCIO


Il nuovo numero della rivista Wine Magazine dedica un articolo a un manga di Tadashi Agi e Shu Okimoto edito dalla casa editrice Kodansha sul settimanale Morning. Si tratta di una serie a sfondo enologico, dal titolo Kami no Shizuku (“Le gocce di dio”). Per appassionati di fumetti e di vini…

SPOT 6


“In genere, il jazz è sempre stato simile al tipo d'uomo con cui non vorreste far uscire vostra figlia”, ebbe modo di dichiarare Duke Ellington, pianista, caporchestra e compositore, in altre parole uno che di musica e di Jazz in particolare se ne intendeva. E dato che ben pochi padri permetterebbero alla propria discendenza femminile di frequentare Mister No – avventuriero dal cuore d’oro, ma perennemente in bolletta e dalle pessime frequentazioni – non è affatto insolito che Jerry Drake e la musica Jazz vadano a braccetto.
Nato agli inizi del Novecento, e presa completamente forma negli anni Venti, il Jazz mescola elementi musicali africani con melodie derivate dalla musica colta europea. Soprattutto, si denota da subito come genere musicale che lascia grande spazio all’improvvisazione, in cui la predominanza spetta all’interprete piuttosto che alla composizione. Insomma, una musica un pizzico anarchica, ancora una volta in linea col carattere di Mister No, che di rigidi spartiti e regole imposte da altri proprio non vuole saperne.
Il Jazz, che nasce come musica popolare e “nera”, negli anni Cinquanta è ormai riconosciuta come una forma d’arte in tutto il mondo, proprio quando la sua parabola è ormai discendente e i suoi grandi successi commerciali appartengono al passato. Anche se nuove correnti, come il Free Jazz, otterranno discreta attenzione fino agli anni Sessanta e Settanta, i tempi sono maturi perché un nuovo genere prenda il posto del Jazz nel cuore delle masse. Si tratta del Rock’n’roll che, proprio nei Cinquanta, comincia a farsi largo, soprattutto grazie alla voce di un bianco che canta come un nero: Elvis Presley. Ma il nostro Mister No è già troppo vecchio per seguire nuove mode, e nello sperduto angolo di mondo chiamato Manaus certo non arrivano le ultime novità discografiche nordamericane. Per questo il pilota di piper canticchia continuamente un brano jazz, vera e propria colonna sonora delle sue storie che riecheggia nella testa di ogni lettore: “When the Saints Go Marching In”, marcetta allegra e dal ritornello ripetuto a oltranza, portata al successo da colui che del Jazz è stato il portavoce più famoso e simpatico: Louis Amstrong.

giovedì 22 novembre 2007

SHOJO MANGA: UNA MOSTRA VIRTUALE introduzione


Pensando a una donna giapponese l'immagine che si forma nelle mente degli occidentali è generalmente quella di una geisha, o comunque di una figura minuta e aggraziata, un esempio di cortesia e compostezza, sempre pronta a lasciare il passo alla più autoritaria figura maschile. In effetti la tradizione nipponica ha sempre imposto alle donne il ruolo di subordinate, cristallizzandole in un'immagine estremamente "decorativa" e vincolandole al ruolo di mogli e madri. Fortunatamente col tempo le cose stanno cambiando, e anche se le donne giapponesi partono sempre svantaggiate rispetto agli uomini (il numero di manager e di politici donne per esempio è ridottissimo), non tutte sono più disposte a confinarsi tra le mura domestiche, o ad accontentarsi dei livelli gerarchici più bassi nel mondo del lavoro e della società. Questo cambiamento può in parte essere notato anche nel mondo dei manga, dove non solo le donne (autori e personaggi) sono molto aumentate di numero nel corso degli ultimi venti anni, ma si sono anche svincolate dagli stereotipi che le caratterizzavano.
I manga disegnati da donne per le donne sono detti shojo manga, “manga per ragazze”. Una definizione, spesso incontrata sulle riviste di settore, dietro cui si cela un vasto e complesso mondo fatto di fumetti, personaggi e autori.
“Anche se adesso il confine tra shojo manga e shonen manga (“manga per ragazzi”) è assai labile, in passato le caratteristiche peculiari che rendevano un fumetto per ragazze immediatamente riconoscibile come tale erano in primo luogo grafiche: occhioni lucidi, nuvole di fiori, ragazzi belli e impossibili dal carattere sensibilissimo ecc. Inoltre le storie erano fondamentalmente d'amore.” Spiega in una intervista Keiko Ichiguchi, autrice egli stessa di shojo manga.
Ma cerchiamo di inquadrare meglio l'argomento. In un paese dove il fumetto è fortemente targettizzato – ovvero diviso per fasce d'età, sesso, condizione sociale – fin dal dopoguerra gli autori hanno cominciato a produrre manga per ragazzi e manga per ragazze. Gli shojo, in particolare, sono diretti alle giovani tra i 10 e i 18 anni d'età, mentre per le donne adulte si passa già a un'altra categoria, quella dei ladies manga.
Inizialmente, ovvero a partire dagli anni quaranta, gli shojo manga erano realizzati da mangaka uomini. Quello che può essere considerato il primo shojo in assoluto, ovvero Ammitsu-hime (“La principessa Ammitsu”) fu pubblicato nel 1949 sulla rivista Shojo Club della Kodansha. Si trattava di divertenti storielle di poche pagine scritte e disegnate da Suhiho Tagawa. Molti altri uomini, in seguito divenuti famosi, si cimentarono con fumetti diretti al gentil sesso, tra loro ricordiamo Leiji Matsumoto e Shotaro Ishinomori. A creare il primo shojo manga moderno, che conteneva in embrione quelle che sarebbero state le caratteristiche grafiche e narrative peculiari del genere, fu però Osamu Tezuka. Questo famosissimo autore nel 1953 portò sulla carta le avventure di Ribon no Kishi (in Italia La principessa Zaffiro), storia fantasy di una principessa cresciuta come un maschio per poter meglio governare il regno. In questa serie erano presenti per la prima volta, e chiaramente codificati, i segni di cui parlava Ichiguchi: gli occhioni, i fiori, le grandi storie d'amore.
L'avvento delle donne, destinate a diventare depositarie quasi esclusive del genere, in questo particolare settore dell'industria del disegno avvenne negli anni settanta. Si trattò di una piccola rivoluzione capeggiata da alcune importanti mangaka come Moto Hagio, Ryoko Ikeda, Yumiko Oshima e Keiko Takemiya. Impossessatesi degli shojo, le donne rafforzarono quanto già costruito e vi inserirono altri elementi fortemente femminili. Il romanticismo divenne un caposaldo, le relazioni interpersonali – in particolare quelle amorose – presero il completo sopravvento sull'azione, tanto che tuttora gli shojo manga sono considerati più letterari degli shonen, ovvero molto più attenti alle storie, ai dialoghi, alla costruzione dei personaggi. Anche gli stereotipi grafici vennero perfezionati e sfruttati a fini "linguistici". I fiori non erano più semplicemente decorativi, ma tramite un preciso codice dovevano comunicare dei sentimenti, delle emozioni. Le rose cominciarono a indicare l'amore, i petali svolazzanti la malinconia e via dicendo. Gli occhi grandi divennero ideali veicoli di emozioni, con calde lacrime pronte a sgorgare in caso di tristezza e lucenti sfavillii pronti a brillare in caso di gioia. Anche la composizione delle tavole cambiò secondo regole estranee agli shonen. In storie in cui la vita quotidiana ha grande importanza e l'abbigliamento della ragazze è estremamente curato, grandi e longilinee figure cominciarono a occupare la pagina in tutta la sua altezza, tagliando in verticale le vignette. Una disposizione disordinata delle vignette divenne un metodo infallibile per trasmettere forti emozioni negative: smarrimento, terrore, infelicità.
Rappresentativi di questo modo classico di intendere gli shojo sono certamente i manga disegnati da Yumiko Igarashi. Tanto per fare un esempio, Candy Candy, su testi di Kyoko Mizuki, porta in scena la travagliata infanzia e adolescenza dell'omonima protagonista, cresciuta in un orfanotrofio sulle sponde del lago Michigan e in seguito destinata a mille peripezie sentimentali per mezza Europa (la collocazione delle storie in ambienti europei rappresenta un altro degli elementi romantici). Ma gli occhioni e i biondi capelli vaporosi delle ragazzine della Igarashi si ritrovano anche in serie più "colorite" dal punto di vista dell'ambientazione, come Tim Tim Circus (in Italia Kitty la stella del Circo), ove l'eroina è una trapezista la cui famiglia muore nel corso di un esercizio, o in Mamie Angel (in Italia Susy del Far West), in cui la giovane protagonista sogna di partire per il Far West, così come in Anna dai capelli rossi che trasforma in manga un noto romanz della canadese Lucy M. Montgomery.
Nel 1972 vede la luce un manga decisamente più innovativo, Versailles no bara ("La rosa di Versailles", in Italia Lady Oscar), di Ryoko Ikeda, in cui le donne trovano la loro completa emancipazione. Nell'evoluzione della protagonista Lady Oscar potremmo anche intravedere una metafora dell'evoluzione degli shojo. Oscar è infatti una ragazza cresciuta come un uomo dal padre che avrebbe voluto avere un figlio maschio. In questa sua veste androgina, e sullo sfondo della Rivoluzione Francese, diviene addirittura il comandante delle guardie della regina Maria Antonietta. Solo verso la fine della storia – tra mille conflitti, intrighi di corte, drammatiche vicende politiche – Oscar ritrova la sua femminilità e l'amore tra le braccia del bello André. In altre parole parole la femminilità soffocata si libera, sia in Oscar che negli shojo manga.
Non si creda però che i gli shojo manga parlino solo d'amore. Pur essendo storie incentrate sempre sugli individui e sulle loro relazioni, nel tempo hanno inserito le tematiche più svariate tra le pieghe delle loro storie. Fantascienza, horror, fantasy hanno fatto capolino tra le storie per ragazze, a volte semplicemente come scenografia, più spesso come elementi portanti della trama. Ormai non è inconsueto incontrare negli shojo magazine serie i cui personaggi si muovono, invece che tra i banchi di scuola o le mura domestiche, su mondi fantastici o avveniristiche astronavi. Alcune autrici di shojo manga, poi, hanno fatto di queste "contaminazioni" una precisa scelta stilistica, inserendole con frequenza nelle loro opere. Già Moto Hagio ha dimostrato da decenni di padroneggiare tutti i filoni di questo genere: dal romantico allo storico, dall’horror alla fantascienza fino ai manga con tematiche omosessuali. La fantascienza, in particolare, si è dimostrata uno dei suoi cavalli di battaglia. They were eleven e A, A Prime sono esempi di una narrativa fantastica centrata più sulla speculazione, sul rapporto tra uomo e scienza, tra tecnologia e sentimento, che non su azione sfrenata e combattimenti spaziali (più consoni agli shonen). Mantenendo saldi i topoi grafici degli shojo e rispettando l'assioma per cui sono sempre gli esseri umani a dover stare al centro dell'obiettivo, la fantascienza degli shojo appare più sottile, più raffinata, sicuramente meno d'impatto da un punto di vista grafico, ma maggiormente affascinante da un punto di vista narrativo. Anche l'horror degli shojo ha precise peculiarità. Kei Kusunoki, da sempre specializzata in questo genere di manga, ha dato prova di sapersi destreggiare al meglio in titoli come Onikirimaru ("Cacciatore di oni", in Italia Slayer) e Dai tokai ni hoero (“Abbaiare alla città”, conosciuto anche come Crime City). La brava autrice preferisce infatti attingere a piene mani alla tradizione e al folklore del proprio paese. I mostri e gli orrori affrontati dai suoi personaggi sembrano quindi appena usciti da antiche leggende, libri consumati dal tempo, racconti tramandati oralmente. Le feste e gli abiti tradizionali forniscono coreografie affascinanti, tensione e terrore sono emotivi prima che fisici, e i grandi occhi espressivi dei personaggi paiono fermamente intenzionati a ricordare al lettore che si tratta di shojo manga. Il famosissimo gruppo delle CLAMP è giunto poi a fare propria anche l'azione sfrenata e distruttiva, da sempre punto di forza degli shonen. nel loro manga dal titolo X i combattimenti a colpa di spade e arti magiche sono all'ordine del giorno. Nel più infantile Magic Knight Rayearth tre ragazzine si trovano sbalzate in uno sconosciuto mondo fantasy. In Tokyo Babylon torna la fantascienza, mentre in RG Veda è il genere fantasy a spadroneggiare, ma immerso nella mitologia induista che gli conferisce una patina di nobile fascino.
Negli ultimi anni, una presenza delle donne è ravvisabile addirittura tra i titoli erotici, un tempo dominio degli uomini. Un caso davvero particolare è quello di Ai Ijima. Questa giovane donna in realtà ha sceneggiato un solo manga, Time Traveler Ai, ma è nota al pubblico giapponese come attrice soft-porno. Il suo esordio nel mondo dello spettacolo è avvenuto infatti grazie filmetti pornografici e riviste erotiche, per poi approdare a una cinematografia leggermente più seria e alla televisione, dove comunque non dimentica di sottolineare il suo lato sexy. Disegnato da Takeshi Takebayashi, Time Traveler Ai, è quasi un'autobiografia umoristica, fantastica e lievemente erotica, la protagonista è infatti Ai, una modella che incidentalmente si ritrova a viaggiare nel tempo con la sua troupe, vivendo brevi avventure nel West, nell'antico egitto, nell'Europa di Napoleone e chi più ne ha più e metta. Certo un fumetto modesto, ma incentrato tutto sulla "figura" dell'autrice/protagonista.
Milk Morizono è invece un vero e proprio punto di riferimento nel mondo dei ladies comics erotici. A partire dall'inizio degli anni Ottanta ha realizzato molte serie inquadrabili nel filone erotico: Cocktail Stories, Desire, Bondage Fantasy, Let's go to Bed, Slave to Love, High Life (unico pubblicato in Italia). Il suo disegno è sofisticato, anche se eccessivamente freddo, e i suoi manga (spesso scritti da altri, ma "su misura" per lei) tendono a shockare, anche su un piano emotivo oltre che sessuale. Probabilmente intenzione dell'autrice è fare uscire le donne giapponesi, sue principali lettrici, da quella sonnolenza che le ha tenute prigioniere per millenni.
Il sesso è una presenza costante anche nei fumetti di Kyoko Okazaki, altra autrice di ladies manga lontana anni luce da una visione mielosa di fumetto giapponese femminile. Le sue storie mettono infatti a nudo i mille conflitti della società nipponica, mentre le sue protagoniste sono giovani impiegate che la notte si trasformano in donne a pagamento, oppure studentesse poco inclini a rispettare rigidi costumi sessuali. Un altro ritratto di pezzi di una società che cambia, di mondi al femminile che cercano di evadere dalle strette celle in cui sono stati confinati.
Infine va ricordato almeno un altro filone, quello dei manga a tematica omosessuale. Difficile comprendere e spiegare cosa spinga le autrici e le lettrici ad appassionarsi tanto a questo genere di storie, resta tuttavia il fatto che i manga dedicati a personaggi omosessuali sono moltissimi, e che l'argomento è affrontato da moltissimi punti di vista, dal sentimentale all'erotico spinto. Gli shojo manga a tematica omosessuale, conosciuti anche come shonen ai (amori maschili), sono pensati per un pubblico esclusivamente femminile. Dopo la lettura di alcuni di questi manga, la cosa non stupisce: davanti agli occhi del lettore si apre infatti un mondo fatto quasi esclusivamente di bishonen (bei ragazzi), esempi di bellezza maschile da cui le ragazze sono immediatamente attratte. Tuttavia non si tratti solo di "attrazione fisica": i protagonisti maschili vantano spesso una sensibilità tutta femminile, intessono complesse storie d'amore, sono talvolta fragili, non si vergognano di piangere, sono insomma molto lontani dallo stereotipo dell'uomo d'azione, tutto d'un pezzo e spesso senza cervello (e soprattutto senza cuore) proposto invece dagli shonen manga. Se a questo aggiungiamo che i protagonisti sono immersi in atmosfere shojo, con una ambientazione quotidiana e una narrazione pacata e riflessiva, attenta ai personaggi quanto all'intreccio, comprenderemo ancora meglio perché piacciono più alle ragazze che non ai ragazzi. Tale filone ha fatto la fortuna di autrici specializzate come Kazuma Kodaka (Kizuna), ma è stato avvicinato anche da comuni artiste shojo, come Marimo Ragawa che nel serial New York New York ha mescolato le tematiche d'azione con quelle sentimentali, grazie alla storia d'amore tra un poliziotto e il suo compagno gay.
Insomma, l'universo degli shojo manga è decisamente ricco e sfaccettato, così come in continua espansione. Si ha inoltre l'impressione che si evolva assieme a coloro che le lo creano e lo leggono, riuscendo a mostrare, seppur all'interno di opere di fantasia, anche l'evoluzione della figura femminile nella società nipponica.

nell'immagine: La principessa Zaffiro © Tezuka Prod.

martedì 20 novembre 2007

ROBOT 11


Mi recai dietro le quinte per cercare Lisa.
Non si trovava nel nostro camerino. Sorpreso, mi incamminai nel corridoio fino al camerino di Paul, aprii la porta.
– Paul hai visto… – mi mancò la voce.
Li guardai. Paul e Lisa.
– Oh, salve caro, – sussurrò Lisa. Non è magnifico? Paul mi ha chiesto di sposarlo.
– E lei ha accettato, – aggiunse Paul.
– Accettato, – mormorai io.
– Sarà una cosa perfetta. – Lisa era raggiante. – Noi tre, insieme!
– Ma noi siamo androidi, – sussurrai.
– E con ciò? – intervenne gaio Paul. Sarà il miglior matrimonio consortato che sia mai stato registrato!
(…)
Perché?
Paul era un umano, ecco la risposta. Avrebbe potuto dare a Lisa senso di sicurezza, di possesso. Son passati vent'anni dall'Emancipazione, ma gli esseri umani pensano ancora di fare un favore agli androidi sposandoli. Anche se gli androidi stanno salvando la razza dal suicidio.
(James Causey, Lo spettacolo deve continuare, The Show Must Go On)

SHOJO MANGA: UNA MOSTRA VIRTUALE spiegazione

Quando ho aperto questo blog, una cosa su cui ho riflettuto è stato, ovviamente, su quale tipo di contenuti inserirvi. Tra le idee ve ne è anche qualcuna un po' "sperimentale”, come la realizzazione di piccole mostre virtuali. Shojo Manga: una mostra virtuale è un primo tentativo mdi mettere in ratica tale proposito, e si propone di fornire un piccolo quadro dei manga per ragazze tramite un'introduzione e nove "pannelli” (ognuno dedicato a un’artista differente) che spieghino cosa sono gli shojo manga. Insomma, una decina di post, pubblicati a distanza di qualche giorno dall'altro, sui quali attendo commenti. La “mostra” restarà in rete fino alla fine del 2007.

giovedì 15 novembre 2007

ROBOT 10


– Tutto quello che desidero, Mary, è morire.
Alzai gli occhi verso di lui, la sua triste faccia caffelatte con l'ampia fronte increspata e gli occhi teneri. – Se nasce il mio bambino…
– Sono programmato per vivere finché vi siano esseri umani da servire. Non posso morire finché resta qualcuno di voi. Voi… – E improvvisamente, sorprendentemente, la sua voce sembrò esplodere. – Voi, Homo Sapiens, con la vostra televisione e le vostre droghe.
La sua collera mi spaventò per un attimo e rimasi in silenzio. Poi dissi: – Anch'io faccio parte della specie, Bob. E non sono così. E tu sei quasi umano. O “più” che umano.
Tolse la mano dalle mie spalle e si allontanò da me.
– Io sono umano. Tranne che per la nascita e la morte. – Ritornò alla scala. – E sono nauseato dalla vita. Non l'ho mai desiderata.
Lo guardai. – Ma questo è uguale per tutti. Nemmeno io ho chiesto di venire al mondo.
– Ma tu puoi morire. – Ricominciò a salire la scala.
Improvvisamente mi venne un pensiero orribile. – Quando saremo tutti morti… Quando questa generazione sarà scomparsa, allora potrai ucciderti?
– Sì – rispose. – Credo di sì.
– Non lo sai nemmono con sicurezza? – Domandai con la voce che saliva di tono.
– No – rispose. – Ma se non ci sono esseri umani da servire…
– Gesù Cristo! “È per causa tua che non nascono più bambini?”
Mi guardò. – Sì. Ero io che dirigevo il Controllo Demografico. Sapevo usare l'attrezzatura.
– Gesù Cristo! Hai imposto al mondo il controllo delle nascite perché tu avevi voglia di morire. Tu stai cancellando l'umanità… Per poter morire. Ma non vedi che anche questa umanità è suicida?
– Soltanto perché tu ne hai distrutto il futuro. Tu l'hai riempita di droghe e nutrita di bugie e ne hai disseccato le ovaie e ora vuoi anche seppellirla. E io che ti credevo una specie di Dio.
– Sono semplicemente quello per cui mi hanno costruito. Sono una macchina, Mary.
(Walter Tevis, Futuro in trance, Mockingbird, 1980)

SEMPRE MEGLIO CHE LAVORARE! 10


In questo spazio sono raccolti aneddoti sulla vita editoriale. Cose che mi sono capitate personalmente o che mi hanno raccontato colleghi. Tutto quanto riportato è vero. Si tratta inoltre di una rubrica “aperta”, in altre parole se volete contribuire raccontando qualcosa di simile accaduto a voi mandatemi una mail, garantisco l'anonimato di tutti, “vittime” e “colpevoli”.

Un grafico poco avvezzo ai fumetti deve scansionare una tavola originale troppo grande per entrare nello scanner, domanda quindi: “posso rifilarla?”
Scena simile in un negozio di fotocopie. La tavola fa fatica a entrare nella fotocopiatrice e il ragazzotto addetto allo strumento esclama convinto: “Beh, la piego in due.”

ARRIVA CROSS GAME


Mitsuro Adachi è un bravissimo mangaka, autore di serie in genere lunghissime e giocate su una sensibilità tutta giapponese, fatta di pause e tempi lunghi, personaggi credibili ed espressivi – sono love story adolescenziali vissute sui banchi di scuola e sui campi sportivi, non prive di una certa poesia. Cross Game, il suo lavoro più recente, attualmente serializzato in Giappone nella rivista Shonen Sunday della Shogakukan, sarà pubblicato in Italia Flashbook Edizioni. Protagonista di Cross Game racconta è Ko, un ragazzino molto portato per il baseball (sport preferito di Adachi), ma con scarsissimo interesse verso lo sport, fino a quando qualcosa non cambierà le carte i tavola…

venerdì 9 novembre 2007

LA REGINA DEI MILLE ANNI


Nonostante l'autore vanti una grande popolarità, i manga di Leiji Matsumoto sono stati pubblicati solo in piccola parte, e in modo frammentario, nel nostro Paese. Ben venga quindi l'annuncio fatto da d/books di un forte impegno in questo senso, che comincia a concretizzarsi con l'uscita del primo volume di La regina dei mille anni, serie in mille tavole nate per essere pubblicate una alla volta sul quotidiano Sankei Shinbun a partire dal 1980. La storia racconta di come ogni mille anni il pianeta Terra subisca sconvolgenti mutamenti a causa dell'avvicinarsi del pianeta Lamethal, una cui abitante diviene la regina dei mille anni fino al passaggio successivo. Nascosta nelle viscere della Terra, la regina porta avanti un piano oscuro, all'insaputa dei terrestri. Parte di questo grande mistero viene alla luce quando il giovane Hajime Amamori è richiamato al cospetto dell'aliena. Nella storia vi sono gli ingredienti tipici di Matsumoto: dei personaggi maschili bassi e sgraziati; delle donne alte e bellissime; una tecnologia avveniristica e retrò allo stesso tempo; un fitto mistero; un'aura epica. Nonostante si tratti di un malloppone di circa 350 pagine, talvolta denso di dialoghi, la lettura cattura l'attenzione, soprattutto grazie a uno stratificarsi di colpi di scena e misteri (i secondi sempre superiori ai primi) che rendono impossibile prevedere il finale. Dal punto di vista grafico, tavole dalla struttura totalmente libera e ricche di vignette, irrobustite da sfondi dettagliati, assicurano un bell'impatto visivo. Consigliato ai fan del “sovrano dell'avventura”.

Titolo: La regina dei mille anni
Autore: Leiji Matsumoto
Casa editrice: d/books
Pagine: non indicato
Prezzo: 9,20 euro

giovedì 8 novembre 2007

SPOT 5


È uscito il nuovo numero di Scuola di Fumetto. Tra i tanti articoli, segnalo la scheda su Tadahiro Uesugi, artista giapponese sconosciuto in Italia. Eccone l'incipit, il resto in edicola.

Se un “maestro”, o sensei per dirla alla giapponese, è davvero un artista e una guida, lascia segni profondi nell’arte dei suoi discepoli, anche quando questi ultimi prendono strade completamente differenti. Come nel caso di Tadahiro Uesugi, che a ventotto anni anni è stato assistente di Jiro Taniguchi e che oggi, pur dedicandosi all’illustrazione invece che al fumetto e utilizzando il computer al posto della matita (cosa che Taniguchi non farebbe mai), dimostra di aver assorbito parte della poetica del suo illustre mentore. Nato a Miyazaki (un segno del destino?) sull’isola di Kyushu nel 1966, Uesugi frequenta la la Tokyo Art School, ove studia illustrazione e in particolare fashion illustration. Dopo un apprendistato presso Taniguchi, pubblica i suoi primi lavori sulla rivista Magazine House. Ben presto lascia il mondo dei manga per dedicarsi completamente all’illustrazione. Inzialmente per realizzare le sue immagini prima le schizza con Photoshop, dopodiché le colora a mano con acquerelli, in seguito il processo creativo si svolge completamente in digitale. “Non importa quali strumenti io usi”, afferma lo stesso Uesugi, “ciò che conta per me è riuscire a riprodurre l’immagine che si forma nella mia testa.” Oggi i suoi lavori sono inconfondibili, trattandosi il più delle volte di immagini che fondono due elementi: sfondi accurati e longilinee figure umane, quasi sempre femminili. Che si tratti di verdi prati fioriti, antichi templi giapponesi, moderni edifici occidentali o fermate della metropolitana, gli sfondi occupano la maggior parte dell’immagine, sorta di vasti palcoscenici su cui, minute e silenziose, entrano in scena le eleganti figure umane, spettatrici e attrici al medesimo tempo.

mercoledì 7 novembre 2007

KING OF COMICS


Jack Kirby è nato a New York il 28 agosto 1917 e scomparso il 6 febbraio 1994, ha creato assieme a Stan Lee praticamente quasi tutto l’universo Marvel, ma prima ha firmato molte altre serie (come l’originale Capitan America) e in seguito si è dedicato a serial per svariate altre case editrici. La casa editrice Abraham Books ha annunciato la pubblicazione di un’imponente biografia di Kirby firmata da un suo ex assistente, Mark Evanier, noto sceneggiatore di fumetti. Il volume, dal titolo Jack Kirby: King of Comics, sarà un cartonato di 224 pagine venduto a 40 dollari, riccamente illustrato anche grazie a immagini poco viste o addirittura inedite, uscite dalla collezione dell’autore.

SEMPRE MEGLIO CHE LAVORARE! 9

In questo spazio sono raccolti aneddoti sulla vita editoriale. Cose che mi sono capitate personalmente o che mi hanno raccontato colleghi. Tutto quanto riportato è vero. Si tratta inoltre di una rubrica “aperta”, in altre parole se volete contribuire raccontando qualcosa di simile accaduto a voi mandatemi una mail, garantisco l'anonimato di tutti, “vittime” e “colpevoli”.

Nonna in libreria: “vorrei un libro per mio nipote.” “Magari un bel fumetto” suggerisce l'intraprendente libraio. “No”, ribatte la nonnina, “è troppo grande per i fumetti, ormai ha otto anni.” Io le avrei dato Le 110 pillole di Magnus.

ROBOT 9


C'era una volta, in un paese chiamato La Città, una macchina di nome Geever.
Geever era sposato con una donna che tutti chaimavano la Moglie di Geever. Geever viveva ai sobborghi della Città, vicino al confine del mondo, ma ogni giorno si recava al lavoro e sbrigava faccende di poco conto per un tizio conosciuto come il Capo di Geever.
Tutte le sere, quando tornava a casa dal lavoro, sua moglie gli diceva:
– Bentornato a casa, Geever.
A volte a Geever sembrava di essere il centro del mondo intero, e in quei momenti di grande vanità, Geever era certo di essere stato scelto dal Dio Ombra per essere diverso da tutti gli altri.
(Charles E. Fritch, Il volo di Geever, Geever's Flight)

martedì 6 novembre 2007

GUNDAM, MI FAI RIDERE!

Poco note in Italia, ma molto diffuse in Giappone, le strisce umoristiche vantano un vasto pubblico e vengono chiamate i 4 koma (letteralmente “quattro vignette”) poiché formate da quattro riquadri costruiti in verticale seguendo quello che è il comune senso di lettura. Tra quelle ultimamente più seguite vi è Gundam-san, di Hideki Ohwada, che prende in giro uno dei miti dell’animazione nipponica, Gundam, concentrandosi sulla sua prima serie e sul personaggio di Char, che si comporta come uno sbruffone sciovinista.

MI MANGIO GODZILLA

Chi non conosce i Fonzies? Si tratta di quegli snack al gusto formaggio rintracciabili in qualsiasi supermercato italiano. Ultimamente la ditta tedesca che li produce ne ha create tre varianti, in limited edition, i cui sacchetti sono stati studiati da designer. Tra queste uno è di evidente ispirazione nipponica, vi campeggia infatti la figura di Godzilla, scritte in kanji e lo strillo “Lord of Urban Monsters”. Il design è molto moderno e accattivante e ne è autore l’italiano Dany Orizio.

KINGDOM HEARTS


Il giovane Sora viene catapultato dall’isola del Destino, su cui vive, in mondi incredibili per svolgere una importante missione. È infatti il prescelto, destinato a combattere gli Heartless, gli emissari dell’oscurità. Ma perché la luce trionfi Sora ha bisogno dell’aiuto dei personaggi Disney.
Da un videogioco Squaresoft, un manga di Shiro Amano.

NEWS IN ACTION


Il distributore Cosmic Group diventa anche un (piccolo) editore grazie alla rivista News in Action, un mensile dedicato al mondo delle Action Figure che va a coprire uno spazietto del mercato finora scoperto. Se ne parla in questa sede ovviamente perché i fumetti sono tra i soggetti “principe” di questo genere di produzioni. Il primo numero (datato novembre) è gratuito, gli altri avranno un prezzo “politico” (presumibilmente un euro). La rivista è piacevole da sfogliare, anche se si potrebbe lavorare ancora un po’ sulla grafica, dato che vi si respira un po’ troppo aria da catalogo. Infatti, a parte qualche articolo, come un’intervista a Todd McFarlane, molte pagine sono una sequenza di foto di statue, senza approfondimenti sulle serie da cui sono tratte. Si segnala anche un difetto: la mancanza dell’indicazione dei prezzi, che anche se solamente indicativi andrebbero sempre segnalati per ermettere di valutare se si tratta di statue accessibili a tutti o soggetti dai costi stratosferici.

sabato 3 novembre 2007

ROBOT 8


Sono di metallo, eppure ce ne siamo innamorati. Combattono a colpi di missili e razzi fotonici, eppure ci inteneriscono i cuori. Hanno forme squadrate e talvolte mostruose, eppure ci affascinano. Si muovono a scatti, eppure ci sembra che volino. Sono i robot della nostra infanzia, conosciuti attraverso i cartoni animati, o saltati fuori dalle scatole di cartone di qualche giocattolaio. Tenere creature di metallo e plastica, fanno ormai parte del nostro immaginario, dell'inseparabile bagaglio di ricordi. Questo bel volume americano, dal piccolo formato ma dai grandi contenuti, li immortala in foto a tutta pagina. Da Mazinga Z a Daitarn III, da Doraemon a Yattaman, dai robot degli anni Settanta ai chogokin, un caleidoscopio di modelli e colori. E, strano a dirsi, sono i primi, i più imperfetti, a colpirci di più. Le loro forme tozze e i pulsantini spara missili ci fanno tornare bimbi. Un libretto che è un vero e proprio atto d'amore verso queste creature immaginarie eppure tangibilissime, oltre che un percorso storico dalle origini fino ai giorni nostri. Da sfogliare prima di andare a dormire, per fare si che ritornino nei nostri sogni.

Super #1 Robot, di Tim Brisko (foto) e Matt Ali e Robert Duban (testi), Chronicle Books, 18,95 dollari

venerdì 2 novembre 2007

DISNEY MANGA


Il fumetto e il cinema d’animazione si sviluppano agli inizi del Novecento negli Stati Uniti. Nelle seconda metà del secolo il Giappone raccoglie il testimone e dà vita a una delle più fiorenti industrie dell’intrattenimento. Nel ventunesimo secolo i due mondi collidono. Il più grande creatore di sogni disegnati, la Walt Disney, utilizza il talento creativo dei migliori artisti nipponici. Nascono i Disney Manga, fumetti in cui la magia Disney viene reinterpretata in stile manga. Il sogno vive ancora…

SEMPRE MEGLIO CHE LAVORARE! 8


In questo spazio sono raccolti aneddoti sulla vita editoriale. Cose che mi sono capitate personalmente o che mi hanno raccontato colleghi. Tutto quanto riportato è vero. Si tratta inoltre di una rubrica “aperta”, in altre parole se volete contribuire raccontando qualcosa di simile accaduto a voi mandatemi una mail, garantisco l'anonimato di tutti, “vittime” e “colpevoli”.

“Ah! Ti occupi di fumetti giapponesi. I nanga, mamga, namga, come si chiamano… insomma, quelli porno.”
Sigh!

giovedì 1 novembre 2007

FINALMENTE BIOMEGA


La Panini, all'interno della linea Planeta Manga e in particolare della collana Manga 2000, annuncia l'attesa pubblicazione della serie Biomega firmata da Tsutomu Nihei(Blame!, Noise). Cominciata nel 2004 per Kodansha, interrotta e ripresa nel 2006 per Shueisha, questa storia ha per protagonista Zoichi Kanoe, che viaggia a bordo della sua spettacolare motocicletta nel mondo del terzo millennio, in cui la razza umana appare destinata alla distruzione per via del terribile virus N5S. L’unica speranza sembra consistere in esseri come Ion Green, in grado di adattarsi al virus. Ma perché alcuni sono immuni al virus? E perché le organizzazioni governative mantengono il segreto sull’esistenza di tali esseri umani? E, soprattutto, perché è stata inviata una navicella con astronauti umani su Marte, pur sapendo che anche su quel pianeta è presente il virus? Sono molti i segreti da svelare, in una serie in cu i dominano le consuete atmosfere cupe.

IL RITORNO DI BRACCIO DI FERRO


La casa editrice Planeta DeAgotini annuncia una lussuosa edizione delle strisce di Braccio di Ferro, o Popeye per dirla all'americana, basata su quella dell'americana Fantagraphics. Se la qualità sarà la stessa, la collezione è consigliata a tutti. E se qualcuno non conoscesse il personaggio (vergogna!), ecco una breve scheda.
Creato da Elzie Crisler Segar, nel 1929 Popeye si presenta al suo pubblico con la frase “I yam what I yam an' tha's all I yam!” (“Io sono quello che sono e questo è tutto quello che sono!”), facendo subito intendere che non è tipo da piegarsi alle convenzioni e per nulla desideroso di apparire differente da ciò che è. Ma chi è Braccio di ferro? La sua prima apparizione avviene come comparsa all'interno della serie Thimble Theatre. Il protagonista Castor Oyl decidere di compiere un viaggio verso l'Africa e deve as¬soldare un marinaio che conduca la nave. La sua scelta cade proprio su Popeye, un tipo magrolino, dall'occhio guercio e dal linguaggio quantomeno traballante. Ma il personaggio ha troppe potenzialità perché l'autore Elzie Crisler Segar non continui a sfruttarlo, così dopo altre veloci apparizioni Braccio di Ferro diventa il vero protagonista della serie, che ben presto acquisisce come nuovo titolo il suo nome. Esuberante e irascibile, Braccio di Ferro è sempre pronto a mollare sganassoni, per la cui formidabile potenza Segar trova la giustificazione degli spinaci, di cui il personaggio si ciba in continuazione. Nel corso di lunghe avventure, portate sulla carta con un tratto solo apparentemente sgangherato ma in realtà geniale nella sua efficacia, il cast di personaggi si allarga. Entrano quindi in scena il padre Braccio di Legno, il figlioletto adottivo Pisellino, il mangione Poldo e molti altri, ognuno fortemente caratterizzato e destinato a supportare tormentoni ricorrenti.

Per l'immagine ©King Features Syndacate, Inc.

ROBOT 7


- Quando li considera nemici attribuisce loro qualità che non possono avere, appunto perché sono macchine. - Al lampo di esasperazione di Ironsmith era seguita un'espressione di tristezza sul volto. - Nel suo giudizio è implicata la libera scelta di propositi malvagi, accompagnati da ira o risentimento, mentre invece dovrebbe sapere che le macchine non hanno problemi morali né emotivi.
- Che non abbiano morale l'ho già visto!
Ignorando la punzecchiatura, Ironsmith alzò lo sguardo sul mare. - Gli umanoidi, in verità, sono le più belle macchine che l'uomo abbia mai creato, perché le macchine più primitive hanno sempre avuto un difetto: per trascuratezza o per malvagità, gli uomini potevano impiegarle per scopi distruttivi. Gli umanoidi invece sono protetti da qualsiasi intervento umano. Questa è la loro vera perfezione e il motivo per cui dobbiamo accettarli, Forester.
Lo scienziato lo fissava in silenzio, scrutando invano in quegli occhi limpidi alla ricerca di un proposito nascosto.
- Capisce quello che voglio dire? Un apriscatole può tagliarci un dito, un fucile può uccidere tanto la preda che il cacciatore, eppure sono meccanismi non contengono il male in sé, il pericolo è dovuto solo al cattivo uso o agli errori di chi li adopera. Il vecchio Warren Mansfield, progettando un meccanismo perfetto capace di agire in modo autonomo, ha risolto l'antico problema dell'imperfezione dell'uomo cui era affidata la manovra delle macchine.
(Jack Williamson - Gli Umanoidi, The Humanoids, 1948-49)

SORPRESA!