martedì 1 gennaio 2008

SPOT 7


Il numero di dicembre di Scuola di Fumetto, ancora in edicola, contiene anche un dossier sul fumetto cinese. Eccone l'incipit.

Tra la fine dell'ottocento e l'inizio del novecento, il nascente fumetto cinese era conosciuto con molti nomi a seconda delle sue sfumature: fengci hua (“disegni satirici”), yuyi hua (“dipinti allegorici”), zhengzhi hua (“dipinti politici”), ecc., mentre con lianhuantu venivano indicati dei libretti contenenti storie narrate per immagini. Il termine lian huan hua (letteralmente “immagini incatenate”) è quello che si è poi imposto per indicare genericamente il fumetto cinese. La definizione rende bene l'idea della sequenza di immagini in correlazione tra loro per formare un'opera di narrativa. Per quel che riguarda le strisce si parla invece di si ge man hua (“storie in quattro vignette”).
In tempi odierni ha preso invece piede il termine manhua, probabilmente preso da Hong Kong, per indicare i fumetti moderni. Dopo decenni di difficoltà, in cui era stato trasformato in mezzo di propaganda oppure in un clone dei vicini manga, il fumetto cinese comincia finalmente a mostrare le proprie potenzialità. Giovani autori scalpitano per liberarsi dai vincoli di un’editoria statalizzata e le loro opere vengono timidamente pubblicate all’estero.

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