mercoledì 19 settembre 2012

I 100 ANNI DI TARZAN


“Mi sono sempre chiesto come cominciai a scrivere.” Con queste parole Edgard Rice Burroughs (1875-1950) comincia un breve e autoironico articolo apparso nel 1929 su The Washington Post, e continua: “La risposta migliore che posso dare a questo quesito è che avevo bisogno di soldi. Quando iniziai a scrivere avevo trentacinque anni e tutte le imprese in cui mi ero cimentato fino ad allora erano fallite.” In effetti, la vita di Burroughs è stata un susseguirsi di professioni che andavano dall'operaio al poliziotto ferroviario, dal cow-boy all'impiegato, tra le quali si inserì anche l'infruttuoso tentativo di essere ammesso all'accademia militare di West Point. L'idea di scrivere romanzi, inizialmente praticata senza grande entusiasmo, nacque in lui in uno dei numerosi periodi di personale crisi economica, quando doveva ingegnarsi per mettere insieme il pranzo con la cena, per se stesso e per la propria famiglia. “Avevo passato al setaccio alcune riviste di narrativa e mi ero convinto che se quegli autori venivano pagati per scrivere le sciocchezze che avevo letto, io potevo scriverne di migliori.” I magazine che dipinge con fin eccessiva ironia Burroughs, che d'altra parte non è mai stato molto tenero neanche con le proprie opere, sono i pulp. Si tratta di pubblicazioni a basso costo che negli Stati Uniti hanno proliferato dagli ultimi anni del diciannovesimo secolo fino gli anni Cinquanta del ventesimo, conoscendo però il loro massimo splendore tra gli anni Dieci e i Quaranta. Lo stesso termine con cui vengono designati, pulp ("polpa"), ne indica la povertà materiale, dato che erano stampati su una carta molto scadente, ottenuta con la parte più povera degli alberi, la polpa appunto. Checché ne dicano i detrattori, però, non erano scadenti i loro contenuti. Certo non si trattava di alta letteratura, ma i romanzi e i racconti che vi venivano pubblicati erano una sicura fonte di intrattenimento e meraviglia: storie di gangster e di cow-boy, di avventure spaziali e fantasy, di spie e di eroi mascherati, di battaglie aeree e di invasioni aliene. Sulle pagine dei pulp sono nati centinaia di personaggi, molti dei quali destinati a essere sfruttati per decenni da altri media (fumetto, cinema, televisione) e tra cui citiamo solo Conan di Robert E. Howard, Horatio Hornblower di Cecil S. Forester, The Shadow di Walter Brown Gibson. Ma torniamo alle parole di Burroughs e alla narrazione dei suoi esordi: “Non avevo mai incontrato un editore o un autore o un proprietario di giornale. Non avevo la minima idea di come fare per sottoporre una storia a un editore e ignoravo quale compenso dovesse spettarmi. All'oscuro di tutto questo, non potevo certo pensare che potesse essere conveniente proporre a un editore metà di un romanzo, ma fu proprio quello che feci. Thomas Newell Metcalf, che era allora il direttore editoriale della rivista The All-Story dell'editore Mursey, mi scrisse che gli era piaciuta la prima parte della storia che gli avevo inviato, e che se la seconda era buona come la prima avrebbe potuto pubblicarla.” E in effetti così è stato. Quel primo romanzo fu intitolato Under the Moon of Mars ("Sotto le lune di Marte", ma in una successiva edizione divenne A Princess of Mars). Burroughs, tuttavia, era così poco convinto della sua nuova professione che decise di firmarlo con uno pseudonimo, Normal Bean, erroneamente compreso dai correttori di bozze della casa editrice che lo cambiarono in Norman Bean, suscitando qualche irritazione da parte dell'autore. Comunque, Burroughs mantenne il suo lavoro da impiegato e allo stesso tempo continuò a scrivere nei ritagli di tempo, più che altro la sera e di domenica. La nuova opera a cui lavorava era Tarzan of the Apes ("Tarzan delle scimmie") e venne scritta su fogli di scarto, ritagli, retri di carta intestata. Burroughs non era ancora deciso: “Non pensavo fosse una storia davvero buona, e dubitavo avrebbe venduto.” Ma The All-Story lo smentì nuovamente e, dopo averla accettata con entusiamo, la pubblicò per intero sul numero dell'ottobre del 1912. Quella data è da considerarsi uno spartiacque sia nella vita di Burroughs, che da quel momento cominciò a nutrire maggiore fiducia nella propria carriera di scrittore, sia in quella della letteratura pulp. Proprio così, quelle riviste che Burroughs aveva descritto con così poca benevolenza ebbero una grossa spinta anche grazie al successo raggiunto dal suo Tarzan, a tal punto che molti studiosi di questo genere di pubblicazioni lo considerano il personaggio più popolare mai apparso sui pulp e lo giudicano responsabile dell'esplosione di vendite degli anni successivi. Sta di fatto che per soli quindici centesimi i lettori dell'epoca, che non potevano ancora contare sulla televisione mentre cinema e fumetti erano agli albori, entrarono in possesso di un'avvincente storia in cui un nobiluomo inglese – che inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi John Clayten, poi Lord Bloomstoke, e infine divenne Lord Greystoke perché sembrava più aristocratico – si ritrovava ancora infante nella giungla africana e veniva cresciuto dalle scimmie. La copertina di quello storico The All-Story fu realizzata da Clinton Pettee, illustratore di alcuni numeri del magazine, che in seguito avrebbe firmato anche un'immagine per un altro romanzo di Burroughs: The Cave Girl (su The All-Story del luglio 1913). Pettee fu il primo a dare forma alle parole di Burroughs, e il suo Tarzan appare leggermente differente da quello ormai entrato a far parte dell'immaginario collettivo. Col suo gonnellino di paglia, i capelli lunghi e una fascia attorno alla fronte fu però il modello a cui si ispirarono il primo film del 1918, dove il ruolo di Tarzan fu affidato a Elmo Lincoln, e il primo fumetto del 1929 a firma Harold Foster. Tornando al romanzo, Burroughs cercò di farlo ripubblicare sotto forma di libro, ma dovette incassare diversi rifiuti, tra cui quello del'editore McClurg. Tarzan of the Apes fu però serializzato nel 1913 sul quotidiano The Evening World Daily Magazine, riscuotendo nuovamente grandi consensi, accompagnati da richieste di raccolta in volume. Così, nel 1914, fu proprio la casa editrice McClurg a farsi avanti con Burroughs. Il volume cartonato di Tarzan of the Apes uscì il 17 giugno del 1914, vendendo oltre un milione di copie. L'ascesa di Tarzan, di cui altri romanzi erano già stati pubblicati su The All-Story, era ormai inarrestabile.
Molto, in seguito, fu scritto sulle possibili fonti di ispirazione di Burroughs nella stesura dell'opera, andando a scomodare il nobile selvaggio di Jean-Jacques Rousseau, o Il libro della giungla di Ruyard Kipling. Lo stesso Burroughs sottolineò che era stato colpito dall'immagine di Romolo e Remo, cresciuti da una lupa, legame che forse aveva traslato sulle scimmie. Molto più probabilmente, il cantore di Tarzan non aveva consapevolmente "copiato" nessuno, semplicemente, col solo ausilio di un libro sull'Africa nera, si era lasciato trasportare dalla fantasia, qualità di cui era abbondantemente dotato vista la sua prolifica produzione. Del solo Tarzan, Burroughs scrisse infatti 22 romanzi, 15 novelle e due racconti per ragazzi, a cui si aggiunge il romanzo Tarzan the Lost Adventure rimasto incompiuto e recentemente completato da Joe R. Lansdale. Il successo del re della jungla, inoltre, scatenò schiere di imitatori che diedero vita a una moltitudini di tarzanidi dai nomi pittoreschi, tra cui Matalaa, Ka-Zar, Ki-Gor e la bella, ma temibile, Sheena, Queen of the Jungle. Il più abile degli scrittori che si rifacevano a Burroughs era considerato Otis Adelbert Kline, tra l'altro un suo ammiratore, che diede vita a Tam, Son of the Tiger, per la rivista Weird Tales, e a Jan of the Jungle per Argosy. Curiosamente, alcune di questa pubblicazioni ospitarono anche storie di Tarzan, segno che la moda dei personaggi selvaggi faceva comodo anche a Burroughs e ai suoi editori. Comunque sia, a oltre novant'anni di distanza, ben pochi si ricordano degli imitatori di Tarzan, mentre ancora oggi, al cinema come nei fumetti, risuona spesso il grido del re della giungla, inventato però dall'attore e nuotatore Johnny Weissmüller. Ma questa è un'altra storia, che magari vi racconterò in uno dei prossimi post…  



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