La Linea nasce nel 1969. Racconta lo scomparso Cavandoli: “Avevo visto un film svedese fatto con un filo di lana che si assottigliava facendo delle figure, e mi sono detto ‘perché non fare un segno diritto, fisso, ed un personaggio del tipo delle ombre cinesi in cui non c’è dettaglio interno?’”. E prosegue: “poi il fatto di fare una roba ‘piena’ mi sembrava troppo pesante e ideai Mr. Linea facendo solo il contorno, e allora, carta su carta, provai, dicendomi ‘Semplifichiamo… Proviamo a far nascere un personaggio da una linea…"
La sintesi “totale” da cui nasce il personaggio ha qualcosa di geniale, ma come spesso accade le idee innovative faticano a essere accettate. Così, il nuovo nato non sembra interessare le case di produzione del tempo, fino a quando non viene visto da Emilio Lagostina, titolare dell’omonima fabbrica di pentole. Appassionato d’arte, Lagostina ne rimane subito colpito e decide di provare a utilizzarlo come testimonial. Stabilita la grafica, però, resta determinare il sonoro. Inizialmente Cavandoli pensa di realizzare animazioni senza parole, usando solo la musica per far esprimere il personaggio, ma la cosa sembra non funzionare, in questo modo la La Linea non è abbastanza espressivo. La soluzione arriva col suggerimento di un amico, che presenta a Cavandoli un ragazzino di nome Carletto Bonomi. Quest’ultimo è in grado di fare delle vocette strane, esprimendosi anche attraverso suoni piuttosto che con le parole. Nasce così la particolarissima parlata in stile grammelot, basata cioè su un assemblamento di suoni, onomatopee, fonemi privi di un significato preciso ma assai comunicativi, specie se accompagnati da espressioni facciali e gesti eloquenti. In realtà di tanto in tanto qualche parola comprensibile fa capolino nel guazzabuglio di suoni emessi da La Linea, soprattutto termini inglesi e milanesi, ma sono la cacofonia e il suo ritmo a farla da padroni, assieme a una sarabanda di risatine e pernacchie.
Inizialmente il personaggio avrebbe dovuto chiamarsi Mr. Linea, ma nei primi cortometraggi appare come Agostino Lagostina, nome che viene eliminato dopo la prima serie di caroselli per divenire il definitivo La Linea. Il suo aspetto è molto semplice, una sagoma dotata di braccia e mani con quattro dita (tipiche dei cartoni animati) e un evidente nasone. Col tempo subisce una lieve evoluzione grafica, abbellendosi un pochino ma rimanendo sostanzialmente lo stesso. Nonostante il nome al femminile, La Linea è un personaggio maschile, come ben si comprende dai turbolenti rapporti col sesso debole. Ma è il carattere il suo elemento di forza. Vivace, borbottone, persino irascibile, La Linea compensa le carenze linguistiche con un’esuberanza notevole, accompagnata da una gestualità esasperata. Non è tipo abituato ad arrendersi e di fronte alla strada che si interrompe davanti a se per mancanza di tratto, o a qualsiasi altro ostacolo che si frapponga al suo cammino, si esibisce in una serie di vistose lamentele che provocano l’intervento della Mano di Cavandoli, pronta a disegnarli strumenti utili a trarsi d’impaccio. Tutto sommato, a parte le continue vicissitudini cui è sottoposto per motivi narrativi, pare felice della propria esistenza, che trascorre più che altro camminando, fischiettando ed esprimendosi con l’inconfondibile grammelot. Per essere solo una linea, La Linea ha certamente un’esistenza movimentata e piena di avventure. Oggi è anche socialmente utile, grazie alla campagna citata in apertura, riconoscimento anche di una popolarità che va oltre gli appassionati di animazione e di fumetto.
Nelle immagini: vignetta e testata della campagna di prevenzione, Cavandoli col suo personaggio, la tavola di un fumetto.
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