domenica 6 febbraio 2011
MUMBLE MUMBLE… 22
La notizia rimbalza in rete. Non è ancora stata ufficializzata dall'editore Planeta DeAgostini ma dalle parole di Federico Memola, il suo autore, pare certa la chiusura della serie Harry Moon, bonellide a tema fantascientifico. A parte il dispiacere per la chiusura di una bella serie, e la solidarietà che va Federico (persona squisita oltre che professionista abile e affidabile), il problema è più generale, dato che si tratta dell'ennesima mazzata che va a colpire il modello per eccellenza di fumetto italiano. Gli albi "alla Bonelli" che da qualche decennio a questa parte, con la chiusura delle riviste e di quasi tutti gli altri spazi di pubblicazione, sembravano l'unico caposaldo in grado di far vivere il fumetto nostrano (e i suoi autori), da ormai lungo tempo mostrano segni di cedimento (commerciale, non qualitativo) che fa temere un crollo complessivo. Anche in casa Bonelli, infatti, i numeri non sono più quelli di un tempo e tutte le nuove serie, anche quando riscuotono ampi consensi di critica, faticano parecchio sul fronte delle vendite. Il dilagare di mini serie e one shot è un tentativo di tamponare la ferita, che ha dato buoni risultati sul fronte delle storie ma non su quello commerciale. Inoltre, a mio modesto avviso, non si tratta di nuovi formati, ma semplicemente di variazioni sul tema del vecchio modello. In altre parole, meccanismi e tempi di produzione, nonché generi e contenuti, non variano molto rispetto al classico albo made in Bonelli, semplicemente si muovono su "distanze minori". In un mercato fortemente in crisi, due o più anni di tempo (con investimento di energie e denari in proporzione) per preparare una miniserie rappresentano già in partenza una scommessa con un tasso di rischio troppo alto. Si cambi il formato, si dirà. Certo, più facile a dirsi che a farsi. Innanzitutto bisogna trovarne un altro che funzioni, poi investirci (non solo denaro, ma anche idee, talento creativo, ecc.) per anni. E chi ha la volontà e la forza di farlo? In Italia non sembrano esservi editori in grado, o quantomeno intenzionati, di affrontare tale sfida. Chiedere di farlo alla Bonelli credo sarebbe tanto ingiusto quanto sbagliato, visto che il suo modello ha dominato per decenni (e che in un paio di casi, leggi Tex e Dylan Dog, fornisce ancora appetitosi frutti economici) ed è più logico tentare tutte le possibili variazioni sul tema prima di abbandonarlo (si spera tra decenni, secoli, millenni). Servono energie nuove, forze nuove, nuovi sognatori, nuovi soggetti in grado di gettare i semi del futuro. Solo che io non li vedo.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
ahinoi, hai ragione su tutta la linea, il problema è sembra la fotografia dell'italia in quasi tutti i settori industriali e non...
Posta un commento