giovedì 21 maggio 2020

ANCORA SULLO SCONOSCIUTO


Visto che la mia introduzione al volume 3 dell'opera Il Grande Magnus (dedicata alla seconda vita dello Sconosciuto) è stata ampiamente tagliata, pubblico qui il testo iniziale.

LA RESURREZIONE DELLO SCONOSCIUTO
È il gennaio del 1976 quando Unknow giace a terra con due colpi in pancia, e il suo ultimo pensiero va a una ragazza di Marrakesch con cui avrebbe voluto essere stato meno scortese. Morto o morente? Morto, all’epoca, come credono tutti incluso il suo autore. Morente, in seguito, quando qualcuno decide di resuscitarlo. Una resurrezione, che nulla ha di biblico, voluta più che da Magnus da Luigi Bernardi, un editore innamorato del fumetto, sia popolare che d’autore, di cui Magnus è, o quantomeno sta diventando, il pregevole trait d’union. Bernardi, narratore a sua volta di romanzi e fumetti, è uomo di poche parole ma geniale inventore di progetti editoriali e nel giugno 1982 porta nelle edicole la rivista Orient Express, dedicata quasi esclusivamente ad autori nostrani. Nel primo numero, e sulla copertina dello stesso, vuole fortemente Lo Sconosciuto e chiede a Magnus di crearne una seconda serie di avventure. È proprio Luigi a raccontare che Magnus, leggermente titubante, accetta il compito solo dopo che gli viene consentito di realizzare un breve racconto di dieci pagine, La fata dell’improvviso risveglio da disegnarsi più tardi, nel quale raccontare l’operazione subita dal personaggio per giustificarne la scampata morte, dopo quelle due maledette pallottole incassate nell’ultimo episodio della serie tascabile.
A dire il vero qualcuno, prima di Bernardi, ha già chiesto a Magnus nuove storie dello Sconosciuto. Si tratta dell’amico Bonvi, ma questa è un’altra storia e ve la racconteremo nel prossimo volume, che ospiterà i brevi fumetti frutto di quella richiesta.

DI NUOVO IN AZIONE
Così sul primo numero di Orient Express, parte la storia Full Moon in Dendera, e Unknow rispunta al Cairo, in Egitto. È sempre lui, il mercenario con scampoli di coscienza, ma allo stesso tempo non è più lui: è un po’ cambiato, meno propenso a ficcarsi in situazioni complicate, in cui comunque finisce per ritrovarsi. Proprio come è cambiato il suo autore, evoluto se preferite. Non più costretto dalla rigida gabbia a due vignette dei tascabili, l’artista può dare sfogo al suo amore per il disegno. Rimane la passione per il nero e per il contrasto tra quest’ultimo e il bianco, ma il tratto si è fatto più sottile, il disegno più dettagliato. Magnus è diventato un “incisore” della carta stampata, incapace di trascurare il più piccolo dettaglio. Sono lontani i tempi delle pennellate piene e liberatorie, con cui riempiva di nero gli spazi vuoti. Ora oggetti e dettagli reclamano la loro parte di attenzione e Magnus non arretra davanti al compito, anzi lo abbraccia con tutto il sue essere.
Rimane qualche antico vezzo, come quello di dare un aspetto simile al proprio a qualche personaggio. Questa volta tocca a Philippe Champollion, un egittologo (omonimo di Jean François Champollion vissuto a cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo e considerato il padre dell’egittologia) che si trova al Cairo e si oppone al trasferimento del mummia di Ramses II negli Usa, ove dovrebbe far parte di una mostra. Finisce per rimanere invischiato prima in uno scontro verbale con i colleghi/concorrenti statunitensi, poi in più pericolosi intrighi di violatori di tombe e terroristi. Rapito, viene liberato da un commando della Società Scudo, “azienda” di mercenari di cui è “dipendente” anche Unknow, che partecipa all’operazione. In realtà, i due non si conoscono e probabilmente Champollion non saprà mai che Unknow è uno dei suoi salvatori. Dopotutto, quest’ultimo è più interessato a salvarsi la pellaccia che non a egittologi e questioni archeologiche.

IL FANTASMA DI CHE GUEVARA
Luigi Bernardi mantiene la promessa e su Orient Express numero 10 viene pubblicato il racconto breve La fata dell’improvviso risveglio. A guardarlo bene, più che un fumetto sembra un documentario sulla chirurgia. Magnus, ormai soggiogato dal desidero (obbligo?) di dare credibilità a ogni passaggio narrativo, racconta e disegna ogni istante della complessa operazione chirurgica, molto meglio di qualsiasi medical drama dei nostri giorni. E mentre lo Sconosciuto attraversa al contrario il fiume Acheronte, condotto dalla morte alla vita, anche questa volta nella sua mente affiora il ricordo di una ragazza, una fanciulla di Haiphong conosciuta quando era un ufficiale francese. Le donne nel percorso di Unknow, come in quello di Magnus, hanno un ruolo importante.
Ma è tempo di una nuova avventura, è tempo di dare forma a L’uomo che uccise Ernesto ‘Che’ Guevara. Il vero protagonista di questa nuova storia lunga è Alejandro Mosquera, anche se inizialmente viene presentato ai lettori col soprannome El Lugubre. Un uomo cupo, dipendente dalla cocaina, tormentato da un passato terribile, schiacciato dai rimorsi. Dalle nebbie della sua memoria emergono frammenti del periodo in cui è tenente e medico dell’esercito boliviano. Ufficiale e gentiluomo, si scontra presto con la realtà, con militari che esercitano un potere prevaricatore e violento e di cui, tragicamente, si rende conto di far parte. Su ordine di un superiore, il tenete Mosquera fredda con un colpo di pistola un prigioniero ferito. Facendolo, condanna anche se stesso, non alla morte, ma a una vita tormentata dal ricordo di quel gesto insensato che lo porta quasi alla follia.
E lo sconosciuto? Ancora una volta è un po’ in disparte, ma non è, come ha detto qualcuno, solo uno spettatore. Piuttosto, un ingranaggio, forse piccolo, in un meccanismo molto più grande di lui e di tutti noi: la storia, quella con la “s” minuscola e la Storia quella con la “S” maiuscola.

TAVOLE D’AUTORE
La composizione delle tavole si è appesantita, i testi sono abbondanti. La narrazione è densa, il tratto certosino, le tavole ricche di vignette. Basti pensare che in Full Moon in Dendera le vignette sono montate su tre strisce, mentre in L’uomo che uccise Ernesto ‘Che’ Guevara sono su quattro strisce. In altre parole, se nel primo le tavole contengono mediamente sette vignette, nel secondo ne ospitano mediamente nove.
Per dare vita a trame complesse e spessore a ogni singolo personaggio, Magnus deve rinunciare a un po’ della scorrevolezza, ma il risultato è un vero e proprio romanzo grafico, prima che la definizione graphic novel entri nel linguaggio quotidiano degli appassionati di fumetti.
Per ogni situazione Magnus trova la giusta soluzione grafica, così le numerose pagine dedicate al diario di Che Guevara sono prive di neri, quasi bianchi spettri di una vita perduta. Le immagini più spettacolari, come tremende esplosioni, scomposte in vignette come pezzi di puzzle. Le onomatopee che passano da una vignetta all’altra danno un ritmo all’azione, movimentando una griglia apparentemente rigida di dodici vignette. E i neri… I neri che piacciono tanto al Maestro monopolizzano gran parte delle tavole, conferendogli atmosfere cupe e tragiche.

LA STORIA E LE STORIE
Lo Sconosciuto nasce negli anni Settanta come (falso?) fumetto popolare in un formato tascabile ed economico, ma prosegue la propria vita editoriale sulle riviste d’autore, che a partire dagli anni Ottanta vivono un frenetico e confusionario momento di gloria. Ma per quanto il formato e, per certi versi, le tecniche narrative siano cambiate l’essenza del personaggio non è mutata. Per la storia con la “S” maiuscola lo Sconosciuto è uno dei tanti sconfitti ignorati dai più, per le storie con la “s” minuscola di Magnus quella stessa sconfitta è una medaglia da appuntarsi al petto. Nella realtà spesso i vincitori non sono i “buoni”, ma dato che spetta a loro scrivere i libri di storia vengono dipinti come tali. Lo Sconosciuto questo lo sa, proprio come il suo autore, ma non se ne cruccia più di tanto, purché riesca a scamparla e si ricominci da zero. Dopotutto, di fronte a politici corrotti, ricchi indifferenti, militari privi di scrupoli, un mercenario che cerca solo di portare a casa la pelle fa quasi tenerezza.

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