I DIME NOVEL
Sebbene si tenda a far risalire la nascita del noir agli anni Venti del ventesimo secolo, grazie soprattutto alla nascita delle riviste pulp di genere giallo come Black Mask, i semi di tale filone sono stati piantati molto tempo prima. Se, rispetto al giallo classico, il noir tende a concentrarsi sulla figura del criminale oltre che su quella del detective, e se le atmosfere si fanno più cupe e si predilige concentrarsi sulla psicologia criminale che non sui procedimenti di indagine, ecco che alcuni autori e personaggi hanno saputo anticipare quanto poi sviluppatosi sui pulp.
Ad aprire la strada sono i volumetti economici noti come dime novel. Vengono inventati, un po’ casualmente, dai fratelli Erastus e Irwin Beadle nel 1860, quando negli Stati Uniti pubblicano il libretto di canzoni Dime Song Book, venduto al bassissimo prezzo di dieci cents, un dime appunto. In un Paese dove la maggior parte della popolazione versa in difficili condizioni economiche, il prezzo di copertina è una discriminante importante: l’operazione ha successo e i fratelli comprendono che il dime è l’unità di misura giusta da cui partire; cominciano quindi a produrre uno svariato numero di pubblicazioni vendute a questo prezzo, o ancora a meno, subito imitati da altri editori. Composti da trentadue pagine in bianco e nero, ma con copertina a colori, i dime novel ospitano una sola storia a numero, in genere un capitolo di una saga destinata a dipanarsi per parecchi episodi. I dime più diffusi sono quelli dedicati al western, ma ben presto arrivano i gialli e nel 1886 lo scrittore americano John Russel Coryell (1848 - 1924) dà vita a Nick Carter, destinato a diventare protagonista di oltre 500 casi.
DETECTIVE VENDICATORI
Questo detective armato di pistola viene inserito nella categoria dei “poliziotti vendicatori”, cioè quei personaggi che a differenza dei detective classici, interessati più che altro alla soluzione dei casi per mezzo delle indagini, si concentrano sull’eliminazione dei criminali dal sistema sociale. Nick Carter mette in atto una lotta senza quartiere contro il crimine, pur senza contrapporsi a istituzioni e polizia. Si getta negli scontri senza paura, usando sia le armi da fuoco sia i pugni. Affronta ogni genere di nemico, dai criminali da strada a spie giapponesi, inoltre è abile nel travestirsi e nell’indagare. Insomma, un tuttologi dell’anticrimine. È così popolare che ben presto altri scrittori sono chiamati a narrarne le gesta dopo Coryell, anche se è evidentemente “figlio” di quest’ultimo che nella sua vita vanta probabilmente più avventure del proprio personaggio. Da ragazzo Coryell vive in Cina, dato che il padre è un diplomatico USA in quel lontano Paese, in Manciuria fa l’addestratore di cavalli e il cacciatore con l’arco, poi si trasferisce a Shangai diventando vice console, tornato in patria svolge il lavoro di giornalista, viene coinvolto in un duello e infine diventa scrittore sfornando un gran quantitativo di storie, spesso sotto pseudonimi. Non stupisce, quindi, l’ecletticità del suo Nick Carter.
Sulle orme di Carter giunge Joe Petrosino (1860 - 1909), solo che in questo caso ci si trova di fronte a una persona in carne e ossa. Nato in Italia e emigrato negli USA, Joe Petrosino diviene un poliziotto a New York e, anche grazie alle sue origini e alla conoscenza della lingua, viene messo a indagare sui crimini compiuti a Little Italy, il quartiere degli immigrati italiani. Lì, con grinta e determinazione, si batte contro la Mano Nera, organizzazione criminale mafiosa. Le sue imprese diventano leggendarie e dopo la sua morte, proprio per mano della mafia, diventa protagonista di opere di narrativa e fumetti. La prima a editarli è una casa editrice tedesca, nel formato detto fascicolo o dispensa, agili pubblicazioni, spesso di 32 pagine, dedicate a lunghe serie generalmente pubblicate sotto forma di episodi autoconclusivi. Subito dopo arriva in Italia col titolo Giuseppe Petrosino: lo Sherlock Holmes d’Italia e vi resta a lungo, diventando nel 1938 anche un fumetto di Ferdinando Vichi (1901 - 1944) per il settimanale L’Avventuroso dell’editore Nerbini. Persino nel 2017 un albo a fumetti a lui dedicato, La Mano Nera, viene realizzato da Onofrio Catacchio (1964) per la Sergio Bonelli Editore.
IL FEUILLETTON FRANCESE
Se negli Stati Uniti il noir prende forma sui dime novel e in Italia e in Germania sulle dispense, in Francia a ospitare i primi esempi del genere sono i romanzi d’appendice o feuilleton (diminutivo del francese feuillet, foglio), poiché pubblicati in appendice a un giornale, con il dichiarato scopo di attirare un pubblico di massa e quindi l’obbligo di essere avvincenti. Come spesso accade in questi casi, la letteratura “alta” inizialmente considera i feuilleton di scarso valore, ma il successo popolare e il tempo trasforma molti di essi in classici della letteratura.
È su tali supporti che nel 1905 nasce il ladro gentiluomo Arsène Lupin di Maurice Leblanc (1864-1941), che nel 1905 pubblica un racconto giallo in cui appare per la prima il personaggio destinato a diventare noto come il ladro gentiluomo.
In realtà, prima di lui c’è stato l’ormai quasi dimenticato Rocambole, inventato nel 1857 da Pierre Alexis Ponson du Terrail (1829 - 1871), al centro di avventure così spericolate che il suo nome è diventato un aggettivo, rocambolesco, teso a sottolineare imprese particolarmente ardimentose. Inizialmente dipinto come un personaggio negativo, diviene nel corso di una trentina di romanzi un eroe positivo, un gentiluomo nonostante sia anche un ladro. Ma come dicevamo poc’anzi, il ladro gentiluomo per antonomasia nell’immaginario collettivo resta Lupin. Elegante, dai modi raffinati, apprezza il lusso, il gioco, le donne. È atletico, intelligente, colto, dotato di humor. Insomma, sembra perfetto, ma ha un piccolo difetto: è un ladro, ma un ladro buono, che ruba un po’ per sé e un po’ per gli altri e non fa male a nessuno nel compimento delle sue imprese criminali. Leblanc, che al contrario del suo personaggio conduce un’esistenza molto tranquilla, viene ben presto raggiunto dal successo e dedica la maggior parte della propria vita alla scrittura di storie di Lupin, che diventa protagonista anche di trasposizioni cinematografiche, televisive, fumettistiche. Tra queste ultime spicca quella italiana del 1946, con episodi narrativamente semplici realizzati da uno sconosciuto soggettista e disegnati da Ruggero Giovannini (1922 - 1983).
Sui feuilleton appare anche il più malvagio dei personaggi della letteratura popolare: Fantômas. Creato nel 1911 da Marcel Allain (1885 - 1969) e Pierre Souvestre (1874 - 1914), Fantômas è un genio del male, in grado di organizzare complessi intrighi criminali che partono dai bassifondi parigini ma possono finire nella Russia zarista o nel Sudafrica dei diamanti. Inafferrabile, anche grazie alla sua abilità nei travestimenti, riesce sempre a sfuggire all'ispettore Juve e al giornalista Jerôme Fandor, che paradossalmente è innamorato di Hélène, la figlia di Fantômas.
Al centro di 32 romanzi anche Fantômas, come Lupin, ha un predecessore ora dimenticato: Zigomar. Nato nel 1909 grazie a Leon Sazie (1862 - 1939), Zigomar è l’incappucciato capo degli Z, misteriosa organizzazione criminale, e firma le proprie imprese con il marchio Z tracciato col sangue delle sue vittime. Fantômas non è da meno e, per portare a termine le proprie imprese non esita a diffondere la peste e a utilizzare i morti per i scopi più disparati. Ovviamente il successo riscosso trasporta il personaggio anche nel mondo dei fumetti, il primo dei quali è datato 1941 per i disegni della coppia Tori & Marti Bas, e in quello del cinema in cui è attivo fin dal 1913 col serial in tre parti dal semplice titolo Fantômas.
LA REALTÀ COME ISPIRAZIONE
Quanto la realtà influisce sulla nascita del noir e sulla creazione di alcuni dei suoi protagonisti più famosi? Molto, considerando i mutamenti generali affrontati dalla civiltà occidentale nel diciannovesimo secolo e i casi più eclatanti di cronaca nera. Innanzitutto, le grandi città si avviano a diventare metropoli portando con sé una forte crescita del crimine. In secondo luogo, alcuni criminali occupano a lungo le pagine dei quotidiani con imprese eclatanti e talvolta violente.
A cavallo dell’Ottocento si fa notare la strana figura del francese Eugène-François Vidocq (1775 - 1857), che comincia la sua attività criminale da ragazzo come piccolo ladruncolo, poi commette un omicidio. Si arruola coi rivoluzionari, ma in seguito diserta. Ricomincia con furti e truffe, viene arrestato e finisce in carcere. Tenta varie volte di evadere fino a quando vi riesce, solo per essere arrestato nuovamente e nuovamente fuggire. Incredibilmente, nel 1806 si propone come collaboratore della polizia e nel 1811 si ritrova a capo di un’unità in borghese incaricata di infiltrarsi nella malavita. Al termine di tale esperienza fonda un’agenzia investigativa e scrive le proprie memorie. La sua vita, insomma, risulta più avventurosa di quella di molti personaggi fittizi e ispira romanzieri come Victor Hugo ed Edgar Allan Poe.
Le sconvolgenti vicende di Jack lo Squartatore hanno luogo a partire dal 1888 a Londra. Vengono ritrovati cadaveri di donne mentre giornali e polizia ricevono lettere da parte del presunto assassino, che tuttavia non viene mai identificato.
Alexandre Marius Jacob (1879 - 1954) è un anarchico che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento utilizza il furto come lotta di classe. In altre parole ruba ai ricchi per dare ai poveri. Artista, inventore, scassinatore, abile nei travestimenti, diventa la fonte d’ispirazione per l’Arsène Lupin di Leblanc. Come direbbe William Skakespeare, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia.
LA MASCHERA INAFFERRABILE
Parecchi personaggi noir delle origini indossano una maschera. La maschera è un artefatto utilizzato per ricoprire l'intero viso o solamente gli occhi. La parola potrebbe derivare dal latino medioevale màsca (“strega”) o dal provenzale masc (“stregone”), che ne svelano i legami col mondo della magia, del mistero, dell’occulto. La maschera raggiunge due scopi opposti, celando e amplificando al medesimo tempo. Nasconde infatti il volto di chi la indossa, ma contemporaneamente lo rende più appariscente, quindi maggiormente visibile. I Buoni le indossano per sentirsi e apparire più forti, i malvagi per incutere terrore mentre mettono in atto i loro funesti disegni. Col tempo la maschera diventa un elemento di primo piano nella letteratura, apparendo sul volto di molti personaggi.
Tra questi vi è Erik, dal romanzo Il Fantasma dell’opera (o meglio Le Fantome de l’Opera, suo titolo originale) di cui è assoluto protagonista, ma la cui figura viene tratteggiata solo a metà del corposo tomo nonostante aleggi tra le sue pagine fin dalle prime righe quale sorta di impalpabile fantasma, appunto, di cui tutti favoleggiano ma nessuno vede.
Vergato nel 1911 da Gaston Leroux (1868 - 1927) – giornalista, giallista e autore di racconti a sfondo psicologico – il romanzo in questione è un po’ una summa dei generi e dei media frequentati dallo scrittore parigino, che lo racconta come se si trattasse di un fatto realmente accaduto, lo costruisce come un giallo e lo arricchisce di complesse personalità tormentate da dubbi e timori, amori e vincoli sociali, impeti di passione e momenti di sconcerto.
La trama, in fondo, è ben poca cosa, riducendosi all’esistenza di una mostruosa figura che si muove nell’ombra del labirintico teatro dell’Opera di Parigi. Giovani ballerine sussurrano racconti tenebrosi su di lui, i macchinisti giurano di averne intravisto il volto di teschio, i direttori del teatro gli riservano addirittura un palco. Eppure, nessuno mai lo ha visto veramente, al massimo ne ha sentita la suadente voce dettare un ordine, oppure ne ha percepita la presenza attraverso un gelido alito di vento passatogli a fianco. Questo perché Erik, questo il nome del Fantasma dell’Opera, non vuole essere visto. Ma un giorno si innamora e…
IL CASO BELFAGOR
Non molto differente nelle atmosfere da Il fantasma dell’opera, ma decisamente più intricato nella trama, è Belfagor, creato nel 1925 dal francese Arthur Bernède (1871 - 1937). Scrittore prolifico, con oltre 200 romanzi all’attivo, Bernéde è ricordato soprattutto per Belfagor, o meglio ancora per il suo adattamento televisivo. In ambito mitologico Belfagor, o Belphegor, è un dio dei caldei, popolazione mediorientale, trasformato in demone dagli israeliti. Nel romanzo è un misterioso “fantasma”, che indossando mantello e maschera si aggira nottetempo per le sale del museo parigino Louvre. La situazione già tenebrosa precipita quando viene trovato un custode morto e viene richiesto l’intervento della polizia, di cui fa parte il commissario Mènardier che brancola nel buio. Entrano in scena anche il giornalista Jacques Bellegarde e la fidanzata di quest’ultimo. A loro si aggiunge Chantecoq, considerato il re dei detective, dando vita alla caccia al misterioso protagonista.
Per quanto portato sul grande schermo già nel 1927, è nel 1965 che Belfagor spaventa il grande pubblico grazie a uno sceneggiato televisivo in quattro puntate prodotto in Francia ma popolarissimo anche in Italia, dove viene spalmato su sei puntate. Il volto di Belfagor, celato da una maschera di cuoio che ne lascia intravedere solo gli occhi, diventa la rappresentazione dell’incubo per milioni di spettatori, in particolare per i bambini i cui genitori ne approfittano per intimargli “attento, perché chiamo Belfagor” ogni qual volta vogliono costringerli a fare qualcosa. La trama dello sceneggiato televisivo si differenzia in alcuni punti dal romanzo. Per esempio vi viene introdotta la setta dei Rosa Croce, leggendario ordine segreto cristiano. Sta di fatto che l’ambientazione, le atmosfere tenebrose, i delitti, lo rendono così avvincente da inchiodare alla sedia un pubblico numerosissimo seppur ignaro del romanzo da cui è tratto.
LE MASCHERE E I PULP
Dell’importanza della maschera si è già parlato e la maschera dà il titolo anche a una rivista pulp nata negli Stati Uniti nel 1920: Black Mask ovvero Maschera Nera, che ospita nuovi sottofiloni del giallo e apre la strada a riviste simili dedicate al giallo e al noir. È sulle riviste pulp che appaiono personaggi come Shadow, Spider e Black Bat, investigatori e giustizieri spesso mascherati e immersi in storie torbide.
Shadow, o The Shadow (spesso il nome dei personaggi pulp è preceduto dall’articolo), viene creato da Walter B. Gibson (1897 - 1985) nel 1930. Nasce per un programma radiofonico nel quale svolge il ruolo di presentatore di storie poliziesche e chiude ogni puntata con la frase a effetto “l’ombra lo sa!”. La sua popolarità è tale che a Gibson viene richiesto di scriverne dei racconti da protagonista per Detective Story Magazine, cui seguono dei romanzi, per un totale di 282 storie firmate con lo pseudonimo Maxwell Grant più altre realizzati da differenti penne. Shadow non è mascherato, ma il suo volto è in buona parte nascosto da un cappellaccio e da un’ampia sciarpa che lo avvolge. Agisce prevalentemente di notte, quando, armato di due pistole, combatte il crimine.
Cercando di emulare il successo di The Shadow, nel 1933 l’editore Harry Steeger (1903 - 1990) crea The Spider e lo affida ai suoi scrittori. Temibile giustiziere e seconda identità del milionario Richard Wentworth, The Spider indossa una mascherina nera, si muove lungo le strade della New York della Grande Depressione dove affronta, spesso con metodi violenti, organizzazioni criminali e dopo averle sconfitte marchia le proprie vittime con il simbolo del ragno.
Del 1933 è anche Black Bat, di Murray Leinster (pseudonimo di William Fitzgerald Jenkins 1896 - 1975), a sua volta impegnato nel combattere criminali o nazisti quando la Seconda Guerra Mondiale si fa vicina. Al contrario dei suoi predecessori, Black Bat indossa un vero e proprio costume con tanto di mantello.
Questi tre personaggi pulp, assieme ad altri, vengono in seguito utilizzati quali fonti di ispirazione nella creazione di fumetti di supereroi, destinati a soppiantare le riviste pulp nel gradimento dei più giovani, e in particolare di Batman che è essenzialmente un detective e, effettivamente, deve molto al genere noir.
Come anticipato, i fumetti sono debitori nei confronti dei personaggi mascherati del noir e alcuni di loro lo palesano in modo evidente.
È il caso di Spirit, creatura di Will Eisner (1917 - 2005) che fa il suo esordio nel 1940. Travolto da un'esplosione mentre è sulle tracce del Dottor Cobra, un malvagio scienziato che vuole conquistare il mondo, il detective Denny Colt viene erroneamente creduto morto. Decide quindi di sfruttare la situazione a proprio vantaggio per combattere il crimine, e indossata una mascherina si muove nella notte come uno spettro senza identità. Eisner mescola le atmosfere noir con un pizzico di ironia ed elementi da commedia e love story. Inoltre, col passare degli episodi, fa sfoggio di innovative soluzioni grafiche e di vignette d’atmosfera, con la pioggia che batte su lampioni accesi, titoli che diventano elementi scenografici, temporali che con i loro fulmini squarciano l’oscurità di cimiteri. Il noir non è mai stato così bello da vedere.
In Francia, e in tempi più recenti, lo spagnolo Victor Mora (1931 - 2016) e la francese Annie Goetzinger (1951 - 2017) danno vita a Felina, figura femminile dalla vita piena di imprevisti. Figlia di una donna francese e di un anarchico spagnolo, rimane ben presto orfana, diventa addestratrice di pantere e trapezista in un circo. Sposa un milionario americano che viene ucciso dalla setta dei Kriss, decide quindi di vendicare l’amato indossando un costume da pantera e usando il circo come copertura. La aiutano nell’impresa lo stregone tibetano Lobjak e il Colonnello Pembroke. Suo principale avversario è il leader della setta dei Kriss, Touan Naga. Con la sua maschera e le tavole dalle atmosfere ottocentesche, Felina è figlia del feuilletton, di quella narrazione piena di colpi di scena e di character misteriosi che in passato ha fatto la fortuna di personaggi letterari e che ora fornisce spunti e atmosfere ai personaggi delle nuvolette.
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