Vedo rimbalzare sulla rete domande di aspiranti autori di fumetti che disegnano in stile manga e vorrebbero sapere a chi rivolgersi per proporre le loro opere. Mi capita, anche, di incontrare giovani artisti pieni di belle speranze che hanno appreso i rudimenti del fumetto leggendo titoli giapponesi. Per tutti, alcuni dei quali anche bravi, il problema più difficile sembra quello di trovare un interlocutore editoriale.
Poiché della materia credo intendermene un po’, dato che ho curato (almeno all’inizio) il popolare corso per disegnare manga edito dalla DeAgostini e ho inventato e diretto la sfortunata rivista Mangaka (che ospitava solo manga di autori occidentali), provo a dire la mia, raccontando anche qualche dietro le quinte.
Quando DeA mi chiese di curare il famoso corso, la prima cosa che dissi fu “OK, noi gli insegnamo a disegnare in stile manga, ma poi che fanno? In Italia non esiste alcun editore intenzionato a pubblicare tale tipo di fumetti realizzati da artisti locali. Produciamo, insomma, dei disoccupati di talento.” La risposta fu semplice: “Noi gli vendiamo un sogno, non un lavoro.” Può sembrare cinica, come risposta intendo, ma è sensata. Qualsiasi corso – da scrittore, regista, illustratore, attore, ecc. – vende ai suoi acquirenti più sogni che realtà. Pochissimi di coloro che lo comprano diventeranno scrittori, registi, attori, ecc. Gli vengono forniti, insomma, informazioni e strumenti, ma la cosa il più delle volte resterà solo un passatempo. Per certe professioni lo studio non basta, serve anche il talento e, soprattutto, serve un mercato che accolga i nuovi arrivati. Per il fumetto tale mercato è risicatissimo, per i fumetti italiani in stile manga praticamente inesistente (con qualche piccola eccezione).
Il corso spopola, viene ristampato e venduto anche in versione digitale. Il sottoscritto allora pensa: “se questa ondata di emergenti non ha un mercato, cerchiamo di crearglielo.” Mi invento quindi un magazine che pubblichi solo manga realizzati da artisti occidentali (europei e americani). Ne scovo alcuni già bravini, professionisti e semiprofessionisti, e invito gli aspiranti italiani a partecipare. Ma le cose non vanno come sperato. Innanzitutto molti non capiscono il progetto, alcuni furbetti arrivano anche a ipotizzare che io scelga autori italiani perché costano meno (idiozia, costano meno quelli giapponesi). Tutta la rivista, redazionali inclusi, è incentrata su artisti occidentali perché questa è la sua filosofia, quella di una finestra aperta su un nuovo mondo di contaminazioni. Il magazine non incontra il successo sperato e chiude dopo soli due numeri. Poco male, non sempre ci si azzecca. Ma i suoi critici più feroci sono proprio i giovani lettori, che vogliono “veri” (in che senso, poi?) manga e non quelli made in Italy. Si crea, insomma, quella che io definisco “sindrome del poeta”. Mi spiego. Chiedete un po’ in giro e scoprirete che circa una persona su quattro scrive poesie, o le ha scritte in gioventù, o ha un libercolo già pronto nel cassetto, o vorrebbe scriverle in futuro. Poi andate a vedere le classifiche di vendita dei libri, o chiedete a qualche editore: i libri di poesia non vendono una cippa lippa. Come è possibile? Se praticamente tutti gli italiani sono poeti come mai i libri di poesia non vendono? Semplice, agli aspiranti poeti della poesia non importa nulla, o meglio gli importa solo della loro e di avere la possibilità di vedere il proprio nome stampato sulla cover di un libro (sai che soddisfazione…). Lo stesso processo funziona con gli italian manga. La maggior parte della moltitudine di acquirenti di Disegnare Manga non ha mai pensato di acquistare Mangaka perché non gliene è mai fregato nulla dei manga made in Italy, delle contaminazioni culturali, delle nuove tendenze grafiche e narrative. Gli importava solo di vedere il proprio nome su un fumetto, ops, un manga.
Ritorniamo quindi al quesito di apertura: disegnare in stile manga si o no? Mi spiace, non ho una risposta. Posso solo darvi un monito e un consiglio. Monito: con quello stile sarà difficilissimo trovare spazio in Italia. Consiglio: andate dove vi porta il cuore o, più prosaicamente, disegnate quello che vi sentite e che vi viene meglio, poi, quando sarà il momento di diventare professionisti (se mai arriverete a quel punto), dovrete imparare a mediare tra ciò che vi piace e ciò che il mercato richiede. Impresa ardua, ma questa è stampa, baby. Anzi, è la vita.
1 commento:
La rivista "mangaka" me la ricordo bene, e ricordo anche tutte le polemiche e lamentele che citi nel testo, e le tue conclusioni mi vedono d'accordo.
Come diceva Mafalda om una vecchia strisci di Quino, ma ripensandoci potrrebbe anche essere Sally in una striscia di Peanuts, la popolazione del mondo si divide in chi fa la domande e chi da le risposte.
Il trucco per vivere bene è di stare dalla parte di quelli che fanno domande...
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